Stanare le cattive abitudini che creano scintille tra gli sposi, quali possono essere la dipendenza da smartphone e la difficoltà di comunicazione offline, per far emergere e incoraggiare le consuetudini sane. È il tema predominante del percorso “Verso il Monte Ararat. Una nave di coppie nel diluvio attuale” aperto a tutti gli sposi romani. Cinque incontri dalle 9 alle 12,30 nella basilica di San Giovanni in Laterano, il secondo si terrà sabato 10 febbraio, i prossimi il 13 aprile, il 18 maggio e il 15 giugno, a cura di don Fabio Rosini, direttore del Servizio per le vocazioni del Vicariato di Roma, in collaborazione con i coniugi Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la natalità, e Anna Chiara Gambini, sposati da vent’anni. Un’avventura nella delicata sfida della vita matrimoniale soprattutto per sposi novelli, si legge nel sito che promuove gli appuntamenti. Ma a giudicare dal numero degli iscritti, l’argomento interessa tanto gli sposini quanto le coppie che stanno insieme da 50 anni. Al primo incontro hanno partecipato complessivamente 2.500 persone. Circa 1.640 le coppie iscritte, quattro delle quali hanno festeggiato le nozze d’oro, 750 sono sposate da 10 anni, 1.300 rientrano nei primi vent’anni di matrimonio. Non si tratta di una proposta nuova. Come spiega don Fabio “l’idea di fare una nave di famiglie che veleggi verso il Monte Ararat per trovare sopravvivenza in un mondo che sembra aver dichiarato guerra alla comunione familiare”, affonda le radici nel 2005, periodo in cui era parroco a Santa Francesca Romana. Il percorso, già realizzato vent’anni fa, è stato attualizzato per rispondere alle esigenze del presente. “Nel tempo ho incontrato molte coppie che mi hanno confessato di stare ancora insieme sulla scorta degli incontri fatti in parrocchia – dice don Rosini -. Mi hanno spiegato che nei momenti di crisi risfogliano gli appunti di allora e ricominciano a camminare insieme”. Gli organizzatori non si aspettavano una così alta adesione. Sono arrivate iscrizioni anche da Catania, ma si è deciso di circoscrivere alla Capitale. Si è quindi cercato di “geolocalizzare” queste ultime coppie rilevando la provenienza di circa trenta coppie per parrocchia su tutto il territorio romano. “Trarrebbero gran vantaggio nell’incontrarsi territorialmente tra un appuntamento e l’altro a San Giovanni per conoscersi e confrontarsi – afferma don Fabio -. Questa è una proposta ancora in fase embrionale ma abbiamo trovato 30 parroci disponibili”.
I temi trattati durante il percorso si concentrano sui capisaldi del matrimonio cristiano, delineando un approccio che si discosta da una mera analisi socio-psicologica per abbracciare una prospettiva di fede. “La coppia è una piccola chiesa domestica – le parole di don Fabio -. I coniugi devono scoprire la potenza, la grazia, la forza della loro condizione. Per questo siamo partiti dalla bellezza”. L’amore che ha spinto i due sposi a unirsi, il desiderio di costruire una famiglia e di procreare, affonda le sue radici nella bellezza della vita. Come Noè, chiamato a custodire la creazione di fronte alla minaccia del diluvio, la coppia è chiamata a custodire la bellezza del loro amore e a farla germogliare. Il tema predominante è quello delle abitudini. “Ogni coppia ha il potere di scegliere le abitudini che desidera coltivare – prosegue il sacerdote -. Bisogna contrastare quelle cattive e incoraggiare quelle che favoriscono la comunicazione e la collaborazione”.
Ma rispetto a vent’anni fa, come è cambiato il rapporto di coppia? Senza usare mezzi termini il sacerdote dichiara che oggi “la situazione è molto, molto più drammatica. Nel 2005 c’era ancora un ambiente positivo intorno alla sfida della famiglia. La pandemia ha slatentizzato i problemi fino a portare la gente all’esasperazione e se vent’anni fa c’erano un orizzonte minimale di valori e una strategia di vita condivisibile, oggi la nostra strategia di vita è stata devastata”. Basti pensare a quanto “la tecnologia ha infantilizzato le persone, quanto ha invaso il tempo della gente – aggiunge don Fabio -. Ci sono uomini che la sera guardano video sul cellulare per addormentarsi. Siamo in una fase anestetica, siamo intontiti. Per questo è importante lavorare sulle abitudini, rubare agli screen le coppie, soprattutto i mariti, scippare al telefonino le mogli e riportarli nella realtà”.
Ognuno di questi incontri inizia con un momento di preghiera e prima di passare alla catechesi di don Rosini c’è l’approfondimento del tema della giornata offerto da chi le dinamiche di coppia le vive ogni giorno. “Siamo in una posizione di servizio – spiega Anna Chiara Gambini -. Alla luce delle quotidiane esperienze positive ma anche negative di discussioni e difficoltà, fungiamo da traduttori simultanei. Facciamo da ponte tra la comunicazione del sacerdote e le coppie”. Gigi, già presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari, ricorda anche che il percorso si è reso necessario “alla luce delle esperienze oggettive maturate negli ultimi dieci anni di incontri con le famiglie di tutta Italia. Abbiamo raccolto le loro inquietudini, elaborato le loro criticità, cercando di offrire delle chiavi di lettura”. Punto di forza del cammino “Verso il Monte Ararat” è far capire che non si è soli ma che si fa parte di un’unica famiglia. “Ognuno assolutizza le proprie criticità e i propri problemi pensando di essere il solo a viverli – spiega De Palo -. La cosa interessante di questo percorso è comprendere che cambiano i nomi, cambiano i luoghi, ma le storie sono tutte molto simili e che paradossalmente c’è una comunione anche nelle criticità. Scopri che persone che non conoscevi hanno superato difficoltà simili alle tue. Una coppia non basta a se stessa, quindi l’opportunità è quella di conoscere altre coppie e di confrontarsi su situazioni molto concrete che poi aprono scenari anche legati alla vita spirituale”. Per Anna Chiara “non assolutizzando le proprie criticità si riconosce tutta la propria bellezza. Inoltre, un altro elemento fondamentale di questi incontri è proprio il percepire sempre una voce di fondo che sprona a non scandalizzarsi delle criticità della propria coppia, di non lasciare a queste difficoltà l’ultima parola. Questo cambia proprio tutta la prospettiva”.
Sorpresi dall’alto numero di iscrizioni, i coniugi spiegano che gli sposi oggi hanno “desiderio di crescita e di vivere qualcosa di bello”. “Parliamo della storia più bella del mondo che è quella di Gesù Cristo nato, morto e risorto” sottolinea Gigi.