Papa Francesco: udienza, la tristezza è “una malattia dell’anima”

(Foto Vatican Media/SIR)

C’è una “tristezza amica”, che “ci porta alla salvezza”, e c’è una tristezza che è “una malattia dell’anima”, “un abbattimento dell’animo, un’afflizione costante che impedisce all’uomo di provare gioia per la propria esistenza”. Lo ha spiegato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata a questo “vizio un po’ bruttino”, lo ha definito Francesco a braccio. “Vi è una tristezza che conviene alla vita cristiana e che con la grazia di Dio si muta in gioia: questa, ovviamente, non va respinta e fa parte del cammino di conversione”, ha spiegato il Papa: “Ma vi è anche una seconda figura di tristezza che si insinua nell’anima e che la prostra in uno stato di abbattimento: è questo secondo genere di tristezza che deve essere combattuto”.  Come esempio di “tristezza amica, che ci porta alla salvezza”, Francesco ha citato il figlio prodigo della parabola: “Quando tocca il fondo della sua degenerazione prova grande amarezza, e questa lo spinge a rientrare in sé stesso e a decidere di tornare a casa di suo padre. È una grazia gemere sui propri peccati, ricordarsi dello stato di grazia da cui siamo decaduti, piangere perché abbiamo perduto la purezza in cui Dio ci ha sognati”. “Ma c’è una seconda tristezza, che invece è una malattia dell’anima”, il monito del Papa: “Nasce nel cuore dell’uomo quando svanisce un desiderio o una speranza. Qui possiamo fare riferimento al racconto dei discepoli di Emmaus. Quei due discepoli se ne vanno da Gerusalemme con il cuore deluso, e allo sconosciuto che a un certo punto li affianca confidano: ‘Noi speravamo che fosse lui – cioè Gesù – a liberare Israele’”.

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