“L’emergenza dello smaltimento dei rifiuti nucleari è diventata, in questi giorni, di stringente attualità. Già a seguito della conversione del decreto Scanzano del 2003, si auspicava la necessità di individuare, in tempi brevi, l’area sulla quale costruire il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Avevamo quindi accolto, con favore, la pubblicazione della Cnai (Cartina nazionale aree idonee) che, in base ai 15 criteri di esclusione e ai 13 criteri di approfondimento previsti dall’Ispra (oggi Isin), in linea con gli standard della Iaea (International atomic energy agency), aveva individuato 51 comuni idonei ad ospitare il deposito”. È la posizione dell’arcidiocesi di Vercelli, espressa da Marina Rasore e don Davide Besseghini, rispettivamente direttore e vicario episcopale per la Pastorale sociale e salvaguardia del Creato, a proposito del dibattito apertosi a seguito dell’autocandidatura di Trino Vercellese come sede del deposito nazionale di rifiuti radioattivi.
“Pareva evidente che, con questo atto, si avviasse finalmente un percorso che, dopo il doveroso confronto con i territori giudicati idonei, giungesse ad una conclusione seria e scientificamente fondata per l’individuazione del sito di stoccaggio in piena sicurezza per la salute delle popolazioni e la salvaguardia dell’ambiente”, proseguono Rasore e don Besseghini, secondo cui “la possibilità di auto candidature, aperta anche ai territori già esclusi dalla Cnai perché ritenuti non idonei, introdotta in modo inaspettato e poco comprensibile dall’attuale Governo nel dicembre 2023, complica ulteriormente un percorso già di per sé non semplice”. “Riteniamo pertanto che l’individuazione definitiva del sito prosegua esclusivamente sulla base dei criteri scientifici sino ad ora adottati, ritenendo che non siano, invece, da perseguire decisioni che rispondano a logiche diverse”, concludono dalla Pastorale sociale e salvaguardia del Creato vercellese.