“La Dichiarazione contiene la proposta di brevi e semplici benedizioni pastorali (non liturgiche né ritualizzate) di coppie irregolari (non delle unioni), sottolineando che si tratta di benedizioni senza forma liturgica che non approvano né giustificano la situazione in cui si trovano queste persone”. E’ quanto si precisa nel comunicato diffuso oggi dal Dicastero per la Dottrina della fede su Fiducia supplicans, in cui riguardo alla possibile benedizione di coppie irregolari si fa presente che “ogni vescovo locale, in virtù del suo proprio ministero, ha sempre il potere di discernimento in loco, cioè in quel luogo concreto che conosce più di altri perché è il suo gregge. La prudenza e l’attenzione al contesto ecclesiale e alla cultura locale potrebbero ammettere diverse modalità di applicazione, ma non una negazione totale o definitiva di questo cammino che viene proposto ai sacerdoti”. Alcuni vescovi, ad esempio, “hanno stabilito che ogni sacerdote deve compiere un’opera di discernimento e che potrà, tuttavia, eseguire queste benedizioni solo in privato”. “Nulla di tutto ciò è problematico se viene espresso con il dovuto rispetto per un testo firmato e approvato dallo stesso Sommo Pontefice, cercando in qualche modo di accogliere la riflessione in esso contenuta”, la raccomandazione del dicastero. “Il caso di alcune Conferenze episcopali deve essere compreso nel proprio contesto”, si osserva nel comunicato: “In diversi Paesi ci sono forti questioni culturali e perfino legali che richiedono tempo e strategie pastorali che vanno oltre il breve termine. Se ci sono legislazioni che condannano con il carcere e in alcuni casi con la tortura e perfino con la morte il solo fatto di dichiararsi omosessuale, va da sé che sarebbe imprudente una benedizione. È evidente che i vescovi non vogliono esporre le persone omosessuali alla violenza. Resta importante che queste Conferenze episcopali non sostengano una dottrina differente da quella della Dichiarazione approvata dal Papa, in quanto è la dottrina di sempre, ma piuttosto che propongano la necessità di uno studio e di un discernimento per agire con prudenza pastorale in un tale contesto”. Non sono pochi, infatti, “i Paesi che in varia misura condannano, proibiscono e criminalizzano l’omosessualità”. In questi casi, per il dicastero, “al di là della questione delle benedizioni, vi è un compito pastorale grande e di largo respiro che include formazione, difesa della dignità umana, insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa e diverse strategie che non ammettono fretta”.