Gli evasori fiscali e contributivi hanno privato la cassa comune degli italiani di una somma pari a 83,6 miliardi: 73,2 miliardi di mancate entrate tributarie e 10,4 miliardi di contributi evasi. È quanto emerge da un aggiornamento della Relazione annuale sull’evasione fiscale e sull’economia non osservata, pubblicato in questi giorni sul sito del Dipartimento delle finanze e relativo al 2021, anno di cui si dispongono i dati più aggiornati.
Una somma enorme: basti pensare che l’intera manovra economica per il 2024, comprensiva di legge di bilancio e decreto in materia fiscale, ammonta a circa 28 miliardi, e per vararla si è fatto ricorso a nuovo deficit che andrà a gravare ulteriormente sui conti pubblici.
Tornano alla mente le parole del Capo dello Stato nel discorso di fine anno, quando ha detto che partecipare alla vita della Repubblica “significa contribuire, anche fiscalmente” e che “l’evasione riduce, in grande misura, le risorse per la comune sicurezza sociale e ritarda la rimozione del debito pubblico, che ostacola il nostro sviluppo”.
È bene avere piena contezza della portata del fenomeno e delle sue perduranti conseguenze prima di sottolineare il dato positivo di quest’ultima rilevazione: la mole delle somme evase continua scendere. Rispetto al 2020 il tax gap (lo scarto tra quanto doveva essere versato e quello che è stato versato effettivamente) è diminuito di 2,7 miliardi, con un recupero di 2,2 miliardi di imposte e di 0,5 miliardi di contributi. In cinque anni, dal 2016 al 2021, lo scarto si è ridotto di 24 miliardi. Segno che la battaglia contro l’evasione non è persa in partenza e che le misure adottate non sono un’inutile vessazione dei contribuenti.
Per quanto riguarda l’ultima rilevazione, tuttavia, il dato complessivo cela un grande squilibrio tra le due voci d’imposta principali. Il tax gap dell’Iva, infatti, prosegue nel percorso in discesa (-3,9 miliardi), mentre quello dell’Irpef addirittura cresce di poco più di 2 miliardi, in larga parte relativi ad autonomi e imprese in regime di tassazione piatta, la cosiddetta flat tax.
Se poi si considera l’intero fenomeno dell’economia sommersa, per il 2021 viene calcolato un valore aggiunto di 173,9 miliardi, 16,5 miliardi in più rispetto all’anno precedente, mentre è rimasta costante l’incidenza sul Prodotto interno lordo (9,5%). I fattori che pesano di più sul sommerso sono la “sotto fatturazione del valore aggiunto” (52,6%) e l’impiego irregolare di lavoratori (39,2%).