“È importante per noi operatori trovare la collaborazione con i parenti. Non si può curare solo la malattia ma tutta la persona. I pazienti lo sanno perché sono stati caregiver dei genitori o dei fratelli”. A ricordarlo è Patrizia Valdemi, psicologa e coordinatrice della struttura dedicata alla malattia di Huntington della Fondazione Sospiro, durante il webinar promosso dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei. “La malattia di Huntington – spiega la specialista – è neurodegenerativa e ha un impatto devastante anche su tutto il nucleo familiare perché è ereditaria. Ai sintomi motori si accompagnano sintomi psichiatrici e la perdita delle funzioni cognitive superiori”. A questo quadro di manifestazioni che impattano molto sulla vita della persona, “il nucleo familiare deve dare sostegno – aggiunge -, sebbene la diagnosi abbia un effetto anche su tutti i componenti”. “Abbiamo un atteggiamento di assoluta trasparenza e autenticità per essere affidabili e costruire la relazione. Non vogliamo essere l’ultima spiaggia. Per prima cosa conosciamo la persona, cerchiamo di capire come possiamo aiutarla a recuperare un senso nella vita, anche se c’è la malattia”. “Facciamo partecipare i familiari alla vita della persona che è ospite della struttura. Cerchiamo di far capire che siamo a disposizione e possibili alleati nella cura”.