“Il cambiamento c’è stato ma la motivazione interiore per me è venuta dalla fede e dall’ambiente, cioè dagli amici, dai parenti e dai parrocchiani che si sono recati dal vescovo per chiedere che io rimanessi il loro parroco. A quel punto ho pensato: se ci credono loro, ci devo credere anch’io”. A dare testimonianza della sua esperienza è don Giorgio Ronzoni, durante il webinar dal titolo “E vissero per sempre infelici e scontenti? Le persone con disabilità acquisite”, promosso dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei. Don Ronzoni da dieci anni è sulla sedia a rotelle, a seguito di un incidente ma ciò non è stato un impedimento per esercitare il ministero. “In fondo – aggiunge – anche Gesù ha fatto tante cose: ha guarito i malati e predicato, ma il massimo della sua azione è stato quando è stato inchiodato sulla croce e privato della sua autonomia. San Paolo, si legge negli Atti degli apostoli, continua a ricevere visite mentre è agli arresti domiciliari e scrive che la parola di Dio non è incatenata. Anch’io – afferma – delle volte mi sento incatenato, ma vivo la possibilità di annunciare il Vangelo e fare quello che è sempre stato lo scopo della mia vita. Ci sono motivi di infelicità che non derivano dalla mia disabilità. La scontentezza dipende dalle motivazioni interne e dall’ambiente, da noi. Cerco di coltivare un atteggiamento gioioso e ne faccio una sorta di dovere. È importante non consegnare mani e piedi a atteggiamenti che ci consegnano verso il basso. Così come coltivare un atteggiamento positivo nei confronti della vita. Ho conosciuto persone che non ce l’hanno fatta, che hanno preferito andare in Svizzera a mettere fine alla propria vita. Le rispetto – conclude -, ma credo che in quello che il Signore ci mette vicino c’è la possibilità di fare meglio”.