“Siamo inorriditi dalle notizie di attacchi incessanti agli ospedali di Gaza. I pazienti, compresi i neonati, e i civili in cerca di aiuto sono intrappolati sotto attacco. È un affronto fare la guerra intorno e agli ospedali”. Angelita Caredda, direttrice regionale per il Medio Oriente del Consiglio norvegese per i rifugiati (Norwegian Refugee Council, Nrc), commenta così gli attacchi mortali agli ospedali di Gaza. “Coloro che vengono curati o cercano rifugio negli ospedali non hanno nessun altro posto dove andare – ricorda la direttrice –. Le strade che portano a sud non sono percorribili con i veicoli. I danni subiti dai pazienti assediati negli ospedali e gli effetti duraturi della privazione della popolazione delle principali strutture mediche in tempo di guerra potrebbero benissimo essere illegali”. Caredda ribadisce che “le strutture mediche e il personale impegnato esclusivamente nel trattamento dei malati e dei feriti godono di una protezione speciale ai sensi del diritto internazionale umanitario che deve essere rispettata in ogni circostanza. Non farlo equivale a una grave violazione del diritto umanitario internazionale”. Da qui l’appello: “È necessario un cessate il fuoco urgente per evitare ulteriori perdite di vite innocenti. Le parti in lotta devono rispettare le leggi di guerra per risparmiare tutti i civili, compresi i malati in condizioni critiche, i feriti e chi si prende cura di loro”.
A margine della nota il Nrc ricorda anche che “secondo il diritto internazionale, se le strutture mediche vengono utilizzate in modo improprio da gruppi armati, spetta a Israele provare tali accuse, dimostrare la necessità militare e aderire ai principi del diritto umanitario di distinzione, proporzionalità e precauzione e risparmiare la vita dei civili”. Il ministero della Sanità di Gaza ha annunciato che 39 bambini nelle incubatrici dell’ospedale Al-Shifa sono a rischio dopo che i generatori hanno smesso di funzionare. Dal 7 ottobre, l’Oms ha verificato oltre 250 attacchi all’assistenza sanitaria a Gaza e nella Cisgiordania occupata.