Nel 1963, mentre il padre degli studi moderni sui media Marshall McLuhan inaugurava il suo Centro in culture e tecnologie all’Università di Toronto, Paolo VI firmava il Decreto Conciliare Inter Mirifica. Probabilmente non esiste alcuna connessione tra i due eventi, eppure non è del tutto casuale che avvengano nello stesso anno. Entrambi furono riflesso evidente dello spirito del tempo, contraddistinto dallo sviluppo inarrestabile dei mezzi di comunicazione. Se lo studioso canadese volle avviare una comprensione scientifica delle origini e degli effetti della tecnologia, il Concilio intese annoverare nel proprio corpus dottrinale “le meravigliose invenzioni tecniche che l’ingegno umano è riuscito, con l’aiuto di Dio, a trarre dal creato e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare”. È questo il passaggio iniziale di Inter Mirifica, probabilmente uno dei più significativi, proprio perché legittima la scelta della Chiesa universale di avviare un pensiero sistematico sui media.
Il Decreto rappresentò, però, soltanto un piccolo sasso nello stagno. La sua articolazione non fu esente da giudizi negativi, disaccordi, tentativi di bloccarne la promulgazione. I mezzi di comunicazione, infatti, erano considerati dai circoli teologici più conservatori qualcosa da cui guardarsi. Pur intravedendone le potenzialità benefiche, bisognava seguirli “con occhio vigile” (come scrisse Pio XI nell’enciclica Vigilanti Cura del 1936), facendo attenzione a non trasformarli da meravigliose invenzioni (Miranda Prorsus, dal nome dell’Enciclica di Pio XII del 1957) in strumenti che potessero distorsivi della fede e dell’integrità morale del popolo cristiano.
Bisogna aspettare il 1959 per un’istituzionalizzazione del legame Chiesa/media. Fu Papa Giovanni XXIII a istituire (con la Lettera apostolica Boni Pastoris) la Pontificia Commissione per la cinematografia, la radio e la tv che aveva il compito di assicurare che le produzioni rispecchiassero la dottrina cristiana.
Tre anni dopo, proprio con l’Inter Mirifica, i media entrarono a pieno titolo nell’universo ecclesiale, inaugurando un cammino multi-prospettico e permanente che ha dato (e continua a dare) molti frutti. Tra questi: i messaggi per le annuali Giornate mondiali delle comunicazioni sociali, gli Uffici diocesani di comunicazione, la dimensione formativa e tutto il macrocosmo mediale che ruota intorno alle varie esperienze di Chiesa. Dopo 60 anni il Decreto conciliare (fu pubblicato il 4 dicembre del 1963) continua a rappresentare un punto di riferimento per tutti coloro che si occupano di processi comunicativi in un’ottica cristianamente ispirata.
L’anniversario ha anche stimolato l’ideazione e l’organizzazione di un convegno che ha la finalità di riprendere i contenuti del documento, di evidenziarne punti di forza e criticità, ma anche di attualizzarlo alla luce dell’evoluzione e della trasformazione dei digitale con il simposio “60 anni di meraviglie”, promosso congiuntamente da tre realtà accademiche pontificie romane: le università Santa Croce, Lateranense e Salesiana. Strutturata in tre sessioni pomeridiane, l’iniziativa indaga le radici storiche del documento, le sue implicazioni teologiche e socio-pastorali e soprattutto prova a ricollocarlo teoreticamente nella cultura digitale. E si colloca anche sulla linea tracciata dalla Costituzione Apostolica di Papa Francesco Veritatis gaudium circa le Università e le Facoltà ecclesiastiche: rispondere alla “necessità urgente di fare rete e di studiare i problemi di portata epocale che investono oggi l’umanità, giungendo a proporre opportune e realistiche piste di risoluzione”.