“Il rifiuto della morte è diffuso nella cultura contemporanea e contrasta con la tradizione della Chiesa che agli inizi di novembre ci invita a fare memoria di coloro che ci hanno preceduto, oggi tutti i santi, domani tutti i defunti, invitandoci a pregare per la loro salvezza eterna”. Lo ha sottolineato ieri pomeriggio, il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nella messa celebrata al cimitero di Trespiano. Eppure, ha osservato, “ciò che la cultura contemporanea vorrebbe negare, nascondere, la morte, costituisce una delle evidenze più forti dell’esperienza umana. Perché molto è incerto sul nostro futuro, ma una cosa è certa: la nostra vita prima o poi si concluderà e per tutti verrà la morte. Le tombe attorno a noi ne sono una conferma che non teme smentite”. Ma “occorre pur dire che se l’uomo di oggi si nasconde la realtà della morte, indietreggia pauroso di fronte al pensiero di essa, è perché ha perso la fede nella risurrezione, nella vita oltre la morte, quella fede che soltanto è capace di non lasciarci sgomentare dall’incombere della morte su di noi e darci speranza anche di fronte al buio che si proietta sulla fine di questa vita”. Così “questo mondo ha paura della morte e cerca quindi di esorcizzarla nelle tante forme di vitalismo e di salutismo – ci immaginiamo giovani per sempre pur quando gli anni passano! –, ma soprattutto ne vuole divenire egli stesso misura e padrone, secondo il volubile concetto di qualità della vita, che dovrebbe giustificare di poterla sopprimere prima della nascita o di spezzarne il corso naturale quando si dovesse fare troppo pesante, sostituendo alla cura della persona il suo abbandono”. Invece, “solo la fede cristiana dà risposta soddisfacente alla sete di vita che alberga perennemente nel cuore di ogni uomo. Questo perché il cristianesimo non nega la morte, ma annuncia che c’è qualcuno, il Signore Gesù, che non è fuggito dalla morte, ma l’ha affrontata con il dono di sé e per questo l’ha vinta per sempre, risorgendo da morte per tornare al Padre”. Il porporato ha concluso: “Di questa vittoria dell’Agnello immolato e vivente, che campeggia al centro della visione apocalittica, noi possiamo diventare partecipi, dando quindi esaudimento al desiderio più profondo del cuore umano: vivere per sempre. Oggi noi celebriamo questa vittoria della vita e dei viventi in Cristo per l’eternità. Di questa visione della vita piena perché eterna siamo i testimoni nel tempo. Per questa visione di vita piena noi preghiamo per i nostri defunti”.