“Come coordinamento che annovera tra i propri membri enti che da dieci anni e oltre sono impegnati a raccogliere i feriti sul campo di battaglia che l’enorme diffusione dell’offerta di azzardo ha generato, non possiamo affatto accettare che il caso scommesse si riduca a giovani ragazzi fortunati che si dilettano con i siti illegali, noncuranti del proprio divieto professionale”. Lo evidenzia, in una nota, il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca).
In primo luogo “dobbiamo ricordare le responsabilità dello Stato. L’azzardo è un’attività che lo Stato italiano vieta nel proprio codice penale, ma che dall’ultima decade dello scorso secolo ha messo in ‘deroga’, autorizzandolo alle ditte concessionarie. L’azzardo in Italia è stato ampliato e promosso come forma di rapide entrate di denaro per l’erario dai governi di ogni colore, spesso associato a eventi funesti (basti pensare al post-terremoto in Abruzzo)”.
Non solo: “L’azzardo è un’attività partecipata da una larga fetta di italiani: alcuni di loro, stimati dai centri di ricerca nell’ordine di un milione e 200mila persone circa, per vari motivi sviluppano una perdita di controllo, che diventa patologia. Eppure, a fronte di ciò, i legislatori a fine 2022 hanno decurtato di 4 milioni di euro il fondo nazionale di 50 milioni per la prevenzione dei rischi dell’azzardo (136 miliardi di giocato, 46 milioni per la prevenzione… rapporto di 2.956 a 1)”. Inoltre, “i legislatori, nazionali e locali, assistono inattivi alla frammentazione delle varie zone del paese, con territori dove gli Osservatori regionali non sono attivi, con Regioni dove i Piani di contrasto ai rischi non sono stati attuati, con altre dove le progettazioni vengono interrotte e non viene promossa la continuità di interventi che, per quanto migliorabili, danno evidenze di efficacia”.
Il Cnca fa notare: “L’Italia si scopre ora funestata dall’azzardo a causa del comportamento di alcuni (per ora) giovani e ricchi calciatori, che rischieranno circa 500 euro di multa per l’accesso su piattaforme illegali e fino a tre anni di squalifica nella giustizia sportiva; senza considerare però gli individui e le famiglie minati dal disturbo da gioco d’azzardo (‘ludopatia’ non vuol dire nulla), senza considerare i suicidi, i posti di lavoro persi, l’impoverimento sociale ed economico dei restanti comparti dell’economia territoriale, le molteplici denunce e i ripetuti sequestri in luoghi di gioco che diventano lavatrici di soldi derivanti dalla malavita, senza considerare la cultura del soldo facile e della venerazione del ‘Fattore Alea’ che stiamo innestando nelle giovani generazioni”.
Per questo come Coordinamento nazionale comunità di accoglienza “chiediamo la riduzione dell’offerta di azzardo; il mantenimento del fondo per la prevenzione dei rischi dell’azzardo; l’attuazione dei Piani regionali di contrasto ai rischi; l’utilizzo della tessera sanitaria per l’accesso a ogni forma di azzardo, in modo da tracciare l’accesso al gioco e proteggere in particolare le persone più fragili (giovani, anziani…); il reale divieto di pubblicità per le aziende di azzardo; il collegamento dei conti gioco con i dati Isee e la fissazione di un tetto di denaro da poter investire in azzardo, proporzionale alle proprie entrate. E, soprattutto, che venga approvata una legge quadro del settore, che regolamenti un fenomeno lasciato crescere in modo abnorme senza un’adeguata cornice di regole e limiti”.