“Noi siamo i primi a dire ‘evenu shalom alehem’, la pace sia con noi. È un nostro canto che ci è molto caro. Ma per arrivare alla pace bisogna avere fermezza nel poter autodeterminarsi e difendere la propria cittadinanza inerme”. Lo dice il presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, in un’intervista pubblicata da Roma Sette, nell’80° della deportazione degli ebrei romani, il 16 ottobre 1943. “Noi siamo i figli dei figli della Shoah – riferisce -. Io personalmente ho tante volte parlato, ho ricevuto un’eredità da parte dei sopravvissuti di quel terribile periodo. Oggi, è vero, ne rimangono pochissimi ma noi abbiamo raccolto il testimone. E poi vediamo un miglioramento, un cambiamento, una presa di coscienza, un’elaborazione già avviata e ancora in atto. Iniziative come quelle del Campidoglio sono di grande importanza in questo senso. Sentiamo l’Italia che ci abbraccia e ci avvolge e siamo orgogliosi di essere cittadini di questo Paese”.
Soffermandosi sul conflitto riesploso nei giorni scorsi in Medio Oriente, Fadlun riferisce che “tutti noi abbiamo persone care, amici o parenti in Israele, perché le nostre famiglie, a seguito delle vicissitudini e delle persecuzioni, si sono frammentate e viviamo in tanti Paesi diversi”. “È un orrore e il mondo occidentale deve ergersi solidale a difesa di Israele perché Israele è il baluardo della democrazia in Medio Oriente. Se Israele riuscirà ad autodeterminarsi, vorrà dire che avremo tutti vinto la guerra contro l’orrore e il terrore”.