Betlemme, dopo l’attacco dei terroristi di Hamas a Israele, è una città deserta: chiusi i check point, chiusa la maggiorparte dei ristoranti, dei negozi e degli alberghi. I pellegrini hanno lasciato, tutti o quasi, la città natale di Gesù. A descrivere, al sito della Custodia di Terra Santa, l’atmosfera “irreale”che regna in città è fr. Luis Enrique Segovia, guardiano del locale convento francescano di Santa Caterina: “Sembra quasi la stessa situazione che abbiamo vissuto nei tempi del Covid, ma purtroppo siamo consapevoli che quello che si sta vivendo nel paese questa volta è ben peggiore… La maggior parte dei negozi di souvenir e ristoranti in questi giorni è chiusa e sappiamo bene che a Betlemme i pellegrini sono la principale fonte di economia. Le agenzie di viaggio hanno ovviamente cancellato i loro pellegrinaggi. Il disagio è enorme: per esempio il direttore della nostra casa di accoglienza Casanova aveva già rifornito il ristorante per tutto il prossimo mese. Tutti questi viveri ora sono stati distribuiti alla gente bisognosa. La situazione crea paura. Nonostante tutto, i santuari per adesso rimangono aperti proprio per dare la possibilità ai pochi pellegrini rimasti di poter pregare nella Basilica, nella Grotta del Latte, nel Campo dei Pastori”. Sin dai primi momenti del conflitto nella comunità francescana di Santa Caterina si era sparsa la convinzione che la situazione sarebbe diventata grave. Motivo per cui, rivela il frate, “padre Rami Asakrieh, parroco di Betlemme, ha invitato tutta la comunità parrocchiale a unirsi all’ora santa del lunedì: questo è stato il primo passo per il coinvolgimento collettivo verso una preghiera per la pace”. Seguendo le indicazioni del Padre Custode la fraternità betlemita, 13 francescani, prega quotidianamente per tutte le vittime, specialmente i civili e gli ostaggi, e per i loro familiari. Attualmente i checkpoint sono bloccati, e per ora sta funzionando “con grande difficoltà solamente il checkpoint di Beit Sahour”.