La questione di un maggior riconoscimento del ruolo delle donne all’interno della Chiesa “non è una questione di riconoscimento in senso mondano, di diritti e aspirazioni, ma ne va del benessere della Chiesa”. Ne è convinta madre Maria Ignazia Angelini, che nella sua meditazione al Sinodo sulla sinodalità, alla presenza del Papa, durante l’ottava Congregazione ha affermato che “quanto più la Chiesa si apre alla novità di Gesù in questo, tanto più respira, vive”. “Il movimento originato dal Vangelo, e anima di ogni vero cammino sinodale, genera relazioni nuove, generative”, ha fatto notare la religiosa: “E l’apporto di donne, diversissime tra loro, alimenta incessantemente il dinamismo spirituale della riforma, quando la forma diventa inadeguata al mistero che trasmette”. “Il Vaticano II ha inaugurato un movimento di riforma rimasto interrotto”, ha denunciato madre Angelini: secondo lo stile di Gesù, “le donne sono un elemento dinamico della missione, come presenza che – in passaggi critici, di rottura, spiazzanti – intuisce il movimento della vita, intesse relazioni nuove, improbabili, pazientemente porta e scioglie conflitti”. “Non è questione di diritti da rivendicare, ma di doni ricevuti”, ha ribadito la religiosa: “ Una Chiesa sinodale in uscita incontra, in principio come oggi, subito la presenza di donne, varie diverse, non omologabili. Questa è l’evidenza della Parola. Elemento iscritto nelle radici generative, come tratto costitutivo della novità evangelica, per secoli disatteso. Gesù ha innovato, ha creato uno stile nuovo, arrischiato e rivelativo, nel suo modo di rapportarsi alle donne, ma tale peculiarità ha conferma provocatoria nella temperie della realtà attuale, ed è un kairòs. Oggi siamo nella concreta condizione di renderci conto che riguarda tutta la Chiesa, che cerca la riforma”.
“Quando il Concilio nel delineare la chiesa missionaria afferma che ‘la vita contemplativa interessa la presenza della chiesa nella sua forma più piena’ (Ad Gentes, 18), non abbozza ministeri inediti, che chiedono di essere riconosciuti?”, si è chiesta madre Ignazia: “Chiediamoci dove sia andato a finire oggi questo tratto costitutivo nella novità evangelica legato allo stile di Gesù. Visto che il primo annuncio della risurrezione è da lui affidato, per gli apostoli, a una donna. E la prima comunità cristiana, col collegio degli apostoli ha al centro Maria, la Madre. La domanda s’impone: come lo stile di Gesù nell’includere donne nel cammino del vangelo – in un contesto culturale, antropologico e sociale radicalmente mutato – connota la missione, in una cultura globale che sembra smarrire i suoi contorni, le radici, le differenze e la casa si degrada spesso in appartamenti. In particolare come fermenta, con la forza generativa delle relazioni inclusive, e i luoghi e il linguaggio del celebrare, e della chiesa in uscita? L’inizio della missione evangelizzatrice in Europa dà a pensare. E a quanti hanno cuore sensibile alla sua visita, lo Spirito spinge avanti, dischiude vie, suggerisce linguaggi, per dare carne oggi alla Parola”.