“Non ci troviamo davanti a un’alternativa: educare o punire, quasi che ci fosse un pendolo tra forcaioli e buonisti. No, la giustizia riparativa è un’altra cosa, soprattutto non è una scelta buonista. Oggi assistiamo a un aumento delle fragilità dei ragazzi, soprattutto nel post pandemia: fragilità personali, relazionali, che richiedono un tipo di giustizia più vicina, che possa dare ristoro, che consenta di riprendere il proprio cammino. Perciò, la sfida della giustizia riparativa non si traduce in una scelta buonista”. Lo ha detto stamattina Carla Garlatti, Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, in occasione della presentazione oggi a Roma dell’indagine sulla giustizia riparativa, condotta dall’Agia in collaborazione con il Ministero della Giustizia e l’Istituto degli innocenti. Garlatti ha ricordato che si tratta, innanzitutto di “un cammino volontario, dal quale ci si può ritirare in qualsiasi momento”, ma anche di “una scelta coraggiosa, perché chiediamo a chi ha commesso un reato di incontrare chi ha subito quell’illecito. Quindi ci troviamo di fronte a una persona che prende su di sé la consapevolezza non solo di aver violato una norma, ma di aver fatto qualcosa di male a quella persona che sta guardando negli occhi”. E la vittima perché deve incontrare chi le ha fatto del male? “La vittima – ha sottolineato la garante – è spesso la grande dimentica dei procedimenti penali, in quello minorile non si può nemmeno costituire parte civile, quindi spesso ha difficoltà a riprendere il cammino, a reinserirsi in un contesto sociale dal quale si è sentita esclusa. Sapere che l’autore del reato, che le è di fronte, ha compreso il dolore che le ha causato è utile e necessario, come emerge dai risultati dell’indagine”. Garlatti ha concluso: “Quando si commette un reato la società resta lacerata, la giustizia riparativa aspira proprio a raccogliere questa sfida. Dal canto nostro, aspiriamo a far conoscere questo istituto e, soprattutto, a diffondere la cultura della giustizia riparativa”.