L’Italia è Paese di origine, transito e destinazione dei nuovi schiavi. L’arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, stamattina ha richiamato l’attenzione sui dati del Rapporto annuale del Dipartimento di Stato americano sulla tratta nel mondo per evidenziare le dimensioni dello sfruttamento sessuale e lavorativo nel nostro Paese, dove sono in aumento accattonaggio forzato e servitù domestica. Si segnalano anche casi di traffico di organi e adozioni illegali. L’occasione per affrontare questi temi è stato il convegno “Passo dopo passo , un carisma di bruciante attualità”, organizzato a Cagliari dalle Figlie della Carità per celebrare il 20° anniversario del progetto “Elen Joy” Sardegna in aiuto delle vittime della tratta e grave sfruttamento.
Per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale, in Italia sarebbero coinvolte dalle 30 alle 50mila donne immigrate con una significativa presenza di giovani dall’Africa sub-sahariana, ma anche di molte ragazze provenienti da Est Europa, America Latina, Nord Africa e Cina.
Il grave sfruttamento lavorativo riguarderebbe invece oltre 130mila persone (e circa 400/430mila sono a rischio), secondo il Rapporto agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto. “Si tratta in gran parte di giovani uomini immigrati, ma anche di italiani e italiane, che – ha detto mons. Baturi – non sono necessariamente vittime di tratta, ma che sono costretti a lavorare in condizioni servili. Il fenomeno, sia per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale e lavorativo sia l’accattonaggio forzato, è cambiato sensibilmente in questi ultimi anni in seguito all’arrivo massiccio di migranti nel nostro Paese”. Si tratta di persone molto giovani, con un livello di istruzione basso (talvolta analfabete) ed estremamente vulnerabili. Destinate alla prostituzione in Italia o in altri Paesi europei, già durante il viaggio si ritrovano in una condizione di semi-schiavitù. “Purtroppo, a causa della manipolazione psicologica che subiscono, anche frutto della condizione di povertà e semianalfabetismo che caratterizza i loro contesti sociali e familiari, diventa a volte complicato – ha aggiunto il presule – far capire loro come sia possibile liberarsi da questo debito e dagli sfruttatori” .
Negli ultimi anni, in molte aree dell’Italia, si è riscontrata una grande urgenza legata alla presenza di numerose donne vittime di tratta o potenziali tali e alla necessità di garantire la loro messa in sicurezza. Anche molte diocesi si sono attivate per dare accoglienza e protezione a queste giovani donne. “Spesso, tuttavia, si sono trovate ad affrontare numerose e serie difficoltà. Gran parte di queste derivano dal fatto – ha rilevato mons. Baturi – che il sistema specifico anti tratta non garantisce un numero sufficiente di posti e l’accoglienza presso i Cas (Centri di accoglienza straordinari) e gli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) non ha permesso di adottare adeguate misure di protezione. In alcuni casi, poi, sono state stipulate convenzioni a livello locale, in una logica emergenziale a volte poco strutturata”.