“In questi due anni il Cammino sinodale è già entrato nelle scuole attraverso gli insegnanti di religione, ma non solo, per dare forma a quello che è stato chiamato il tempo dell’ascolto e della narrazione. Un primo momento di contatto, una prima occasione di Chiesa in uscita è stata proprio il coinvolgimento di diversi studenti e insegnanti che, stimolati dalle indicazioni del Cammino sinodale, hanno aperto in molte diocesi momenti di ascolto reciproco”. Esordisce così Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei, al quale abbiamo chiesto se e in che modo il Cammino ecclesiale in atto interpella e sfida il mondo dell’educazione e della scuola.
“Dopo questi due anni – afferma – ci viene ora chiesto un passo in più: quello del discernimento. Anche qui il mondo dell’educazione – scuola, università, pastorale universitaria e associazioni di ispirazione cristiana che operano in questo ambito – è chiamato a giocare un ruolo significativo perché il discernimento richiede anche una riflessione ‘esperta’, una competenza dal punto di vista pedagogico, sociologico e, in primis, antropologico”.
Perché “in primis”?
Perché attraverso il Cammino sinodale la Chiesa vuole incontrare l’uomo di oggi, vuole mettersi in suo ascolto ma anche al suo fianco per camminare insieme. Nelle linee guida si chiede di
promuovere il confronto tra la verità del Vangelo e la condizione umana odierna,
ciò che già avviene in molti spazi educativi.
Nello specifico, qual è il ruolo delle scuole cattoliche?
Possono essere il luogo fecondo per
la promozione di una nuova sintesi cristiana adatta al contesto culturale e alla vita di oggi.
Nelle scuole cattoliche è ciò che si tenta di fare ogni giorno: mettere a confronto il patrimonio culturale, la tradizione, ma anche il mondo scientifico e umanistico nel senso più ampio, con persone che stanno crescendo nella società di oggi, nel mondo del digitale e dell’incontro tra culture e religioni. Nelle nostre scuole è pane quotidiano, così come la promozione di una cultura dell’incontro tra “diversi”, uno dei primi obiettivi del Cammino sinodale.
Cultura dell’incontro più che mai urgente in una società che appare spesso chiusa, arroccata in difesa e innervata di aggressività verso “l’altro”.
Assolutamente sì; non a caso in questi ultimi anni è stato reintrodotto l’insegnamento scolastico dell’educazione civica che non significa soltanto conoscenza della Costituzione e di alcuni elementi di diritto, ma educazione alla convivenza:
imparare a conoscersi, a vivere insieme, a riconoscersi fratelli.
Condivisione e corresponsabilità: educazione e stile ecclesiale si giocano anche su questo binomio?
Sì, nell’educazione come nella Chiesa ognuno, pur nella diversità dei compiti, svolge un ruolo preciso nel percorso della crescita propria e altrui. Un passaggio delle linee guida per la seconda fase del Cammino sinodale evidenzia la necessità di
coltivare la cultura della collaborazione educativa, riferita sia alle nostre comunità, sia ai diversi soggetti del territorio con i quali fare rete.
Per quanto riguarda la condivisione, la voglio leggere anche dal punto di vista, fondamentale, di una condivisione di sé, del proprio vissuto, della propria umanità; quel mettersi in gioco richiesto ad ogni educatore e ad ogni persona – bambino, ragazzo, giovane – che sta crescendo.
L’educazione “è la quotidianità della vita della Chiesa”, ha detto il card. Zuppi introducendo lo scorso 25 settembre i lavori del Consiglio episcopale permanente.
Il presidente della Cei ha non a caso citato il decennio sull’educazione che abbiamo vissuto gli anni scorsi per dire che
la missione evangelizzatrice è strettamente connessa con il compito educativo
perché il Vangelo, ossia il messaggio cristiano, incontrando le persone propone loro un cammino di crescita in umanità, un progetto di pienezza di vita. La Chiesa, da parte sua, è educatrice e, al tempo stesso, è educata alla scuola del Vangelo.
Che cosa può “insegnare” la scuola al cammino della Chiesa?
Il Cammino sinodale può “imparare” dalle dinamiche educative, pur nella diversità dei ruoli e dei compiti, lo stile dell’ascolto, dell’attenzione, della promozione e valorizzazione di ciascuno, soprattutto di chi appare più indietro nel suo percorso, più ai margini, ed ha pertanto più necessità di essere accompagnato. Tuttavia, senza idealizzare alcun ambiente o paradigma, occorre riconoscere che è stata la Chiesa a dare vita nel tempo ad esperienze e proposte educative ancora oggi diffuse, che hanno spesso modellato la società e aiutato le persone a trovare la propria strada.
Per la Chiesa si tratta di continuare, aggiornandolo alle sfide odierne, quello che è sempre stato il suo peculiare servizio all’uomo in ogni tempo e in ogni luogo.