(da Marsiglia) “La speranza è che chi fa fatica ad accettare lo straniero, si lasci convertire dai gesti e dalle parole di Papa Francesco”. È quanto si aspetta Anne Giraud, delegata diocesana per la pastorale dei migranti e presidente del Secours Catholique (Caritas) di Marsiglia, dalla visita di Papa Francesco ma soprattutto dal momento di preghiera e raccoglimento al memoriale dei dispersi in mare che si affaccia sulla baia azzurra, dalla collina dove svetta la basilica Notre Dame de la Garde. Marsiglia, città di primissimo approdo per i migranti che raggiungono la Francia attraversando il confine dall’Italia. Sono differenti i Paesi di provenienza. C’è chi giunge dall’Africa subsahariana e chi da Paesi come l’Afghanistan. Hanno attraversato tutti il Mediterraneo. L’ultima grande prova è il passaggio via Briançon, piccolo comune di montagna.
Che storie raccontano al loro arrivo?
In generale è molto difficile farli parlare e raccontare cosa hanno vissuto perché molti di loro arrivano traumatizzati. Occorre quindi creare prima un rapporto di fiducia e prendere il tempo necessario per accompagnarli e fare conoscenza. Quello che possiamo constatare è che sono spesso persone che hanno transitato lungo i campi di detenzione in Libia. Hanno subito maltrattamenti fisici e psicologici, hanno vissuto in condizioni di schiavitù. Hanno alle spalle mesi, addirittura anni, vissuti in condizioni molto difficili e dolorose, senza cibo, senza accompagnamento, soli. Viaggiano con una piccola borsa.
L’ultimo passaggio è via Briançon, in montagna. Come lo affrontano?
Si mettono in cammino senza essere minimante attrezzati per farlo. Soprattutto in inverno quando le temperature scendono sotto lo zero. Arrivano qui con segni di congelamento. Alcuni perdono addirittura le dita dei piedi perché hanno attraversato il confine con scarpe del tutto inadatte per farlo sulle Alpi e con la neve.
Quanti sono oggi i migranti arrivati a Marsiglia?
Non sono in grado di dare cifre precise.
Ma negli ultimi mesi estivi, da giugno a settembre, avete notato un aumento del flusso migratorio?
Ci sono state in effetti più fattori concomitanti. A partire dal fatto che a Parigi c’è stata l’espulsione dagli hotel delle persone migranti che sono state portate a Marsiglia. Abbiamo anche constatato questa estate un arrivo massiccio di minori non accompagnati, provenienti soprattutto dall’Africa, molti dei quali sono passati da Briançon.
E voi, come Chiesa, quali iniziative avete messo in campo per aiutare queste persone?
Il nostro è un lavoro soprattutto di accompagnamento. Anche perché non abbiamo i mezzi necessari per andare incontro concretamente ai loro bisogni. Accompagnarli significa aiutarli ad avere accesso a tutti quei diritti che sono loro garantiti. Per i minori non accompagnati si tratta di valutare l’età per avviare la domanda di asilo.
Cosa ha da offrire la città di Marsiglia?
Non è la città ma è il dipartimento della prefettura che si occupa di questo problema. Purtroppo non ci sono abbastanza alloggi per dare ospitalità a tutti. Quelli esistenti sono in grande difficoltà in quanto non riescono a coprire le necessità dei marsigliesi che vivono in precarietà. E l’arrivo dei migranti aggiunge difficoltà a difficoltà. La questione degli alloggi è cruciale.
Papa Francesco oggi compie un gesto simbolico molto importante al memoriale delle persone disperse in mare. Che significato per voi?
Le posizioni che prende il Papa, quello che dice e i gesti che compie sono pienamente sostenuti dalla nostra azione. Siamo un servizio diocesano dedicato ai migranti, fortemente voluto dall’arcivescovo Jean-Marc Aveline. Il Papa ha il coraggio di dire parole anche scomode. Ma mette al cuore dei suoi discorsi e delle sue azioni la fraternità e l’alterità.
Siamo italiani e facciamo fatica a capire perché la Francia ha deciso di chiudere le frontiere. Può spiegarci le ragioni di questa decisione?
È molto difficile per me rispondere ad una domanda così politica alla quale appunto possono rispondere solo i politici. E non saprei neanche dire quale sia la ragione esatta. Forse le persone hanno paura dello straniero semplicemente perché non lo conoscono. Forse sono decisioni dettate da motivi elettorali. Certamente, la paura non aiuta, induce a comportamenti di chiusura ma se si riescono a rompere gli ingranaggi di paura, credo che possiamo tutti diventare una società più fraterna.