“Le offerte per i sacerdoti sono un pilastro fondamentale del sostentamento del clero, molto più di quello che si potrebbe immaginare limitandosi a guardare solamente i numeri”. Entra subito nel vivo della questione Massimo Monzio Compagnoni, al quale da poco più di tre anni la Cei ha affidato la guida del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica. Le cifre, nude e crude, potrebbero far nascere qualche dubbio. Nel 2022 per mantenere gli oltre 32.000 sacerdoti a servizio delle Chiese che sono in Italia sono stati necessari poco più di 500 milioni di euro, una somma che le offerte deducibili raccolte nell’anno (8 milioni e mezzo di euro) sono riuscite a coprire solamente per l’1,6%. Quasi il 70% di quel fabbisogno, invece, è stato soddisfatto dai fondi derivanti dall’8xmille.
Perché allora non concentrare gli sforzi della comunicazione solo su quel fronte e lasciar stare la promozione delle offerte?
“Sarebbe un errore imperdonabile, soprattutto da un punto di vista pastorale. È vero che il nostro Servizio deve misurarsi con i numeri, saper leggere i segni dei tempi, valorizzare la comunicazione e far tesoro dei dati e delle ricerche. Ma la Chiesa non è un’azienda! È innanzitutto comunione di fratelli, è la famiglia dei figli di Dio. E come ogni famiglia che si rispetti deve saper condividere tutto: la fede, le motivazioni, le riflessioni… ma anche i conti e le necessità materiali”.
E cosa c’entrano le offerte con questo discorso?
“Le offerte sono uno strumento importantissimo per alimentare la consapevolezza del reciproco affidamento in cui vivono i sacerdoti e le comunità ecclesiali, sia a livello parrocchiale che diocesano. I sacerdoti sono chiamati a spendersi interamente per le comunità loro affidate, e lo fanno ogni giorno in modo silenzioso e bellissimo. E quale è la nostra parte? Qual è il ruolo della comunità dei fedeli? La risposta più chiara e incisiva, secondo me, ce l’ha lasciata il Card. Nicora, uno dei padri fondatori del sistema di sostentamento, nato quasi 40 anni fa. Secondo lui siamo davvero corresponsabili quando la disponibilità a sentirci parte della vita della Chiesa arriva a tal punto che parlare di aspetti economici diventa normale.”
È per questo che ogni anno viene celebrata la Giornata nazionale?
“Esattamente. Questa disponibilità non è scontata, o acquisita una volta per tutte. Negli ultimi anni stiamo cercando di non limitare questa attenzione alla sola domenica della Giornata nazionale (quest’anno sarà il 17 settembre), ma di estenderla almeno ai due mesi e mezzo successivi, fino alla fine di novembre, il periodo in cui diffonderemo anche attraverso i mezzi di comunicazione l’annuale campagna di sensibilizzazione.”
Quale sforzo chiedete alle comunità cristiane, soprattutto in questo periodo?
“L’obiettivo è che tutti coloro che si sentono parte viva della comunità si sentano coinvolti anche economicamente nel suo sostentamento. Ciascuno, ovviamente, per quanto può dare. È il gesto del fare un’offerta che è importante, perché testimonia la consapevolezza della propria corresponsabilità. Ed è verso questo obiettivo che chiediamo l’indispensabile contributo della rete di incaricati territoriali (parrocchiali e diocesani) con cui collaboriamo, realizzando anche progetti specifici come Uniti possiamo”.
Cosa chiedete, invece, ai sacerdoti?
“Di non avere paura di chiedere alla comunità. Non vuol dire essere inopportuni, ma piuttosto aiutarla a vivere con responsabilità il proprio ruolo da protagonista. Anche nel sostegno economico”.