“Il Pontefice non viene a Marsiglia per farsi guardare: viene perché, con lui, possiamo guardare il Mediterraneo, le sue sfide, le sue risorse e la missione che spetta ai discepoli di Cristo in questa parte del mondo” dove “c’è una memoria felice di una convivenza pacifica e fruttuosa. Molti vorrebbero cancellarla e sostituirla con la paura, per meglio imporre il loro dominio e la loro ideologia. Ma noi siamo testimoni del fatto che, mentre le minacce sono reali, anche il bene è all’opera, attraverso un mosaico di persone e di azioni”. Così il card. Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, in un’intervista pubblicata sul quaderno 4.157 de La Civiltà Cattolica in uscita oggi, sabato 2 settembre, alla vigilia dei Rencontres Méditerranéennes (18-24 settembre), parla del viaggio apostolico di Papa Francesco in quella città, il 22 e il 23 settembre, per concludere la terza edizione degli Incontri. “Di fronte alla tentazione della paura – sottolinea il cardinale, fondatore nel 1992 dell’Institut de sciences et théologie des religions – il contributo dei cristiani consiste soprattutto nel testimoniare la speranza che ricevono dalla loro fede in Gesù Cristo. Una speranza non ingenua, ma concreta e attenta. Una speranza che non è evasione, ma presenza e spesso resistenza. Una speranza che non è utopica, perché porta con sé fede e carità”. Il Mediterraneo è mare di incroci ma anche “di grande violenza, tanto più pericoloso perché le divisioni identitarie si fanno più micidiali. Per questo – conclude Aveline – il lavoro teologico nel Mediterraneo è anche un lavoro forgiato nella compassione, cioè un lavoro che non si fa ‘in ufficio’, ma nella vita reale, nella vicinanza concreta agli oppressi, ai nuovi schiavi del nostro tempo, alle tante vittime dell’ingiustizia sociale”.