Terra Santa: mons. Pizzaballa (Gerusalemme), “non si può seguire Gesù e rimanere in schema mentale che ci fa prediligere successo, potere, affermazione di sé”

“Non è possibile seguire Gesù e contemporaneamente rimanere dentro lo schema mentale che ci fa prediligere il successo, il potere, l’affermazione di sé. Sono due realtà incompatibili”: a ribadirlo è il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, nella sua meditazione settimanale al Vangelo della Domenica (la prossima 3 settembre). Per imparare questa logica, spiega il futuro cardinale, occorre ascoltare la Parola di Dio: “Solo chi ascolta, infatti, si apre ad un modo diverso di vivere, accoglie una logica diversa, che è innanzitutto un nuovo modo di conoscere Dio”. Richiamandosi alla figura di Pietro che nel Vangelo non accetta che Gesù accolga “la sofferenza e la debolezza, l’insuccesso e il fallimento – per l’apostolo, infatti, “Dio non può che essere un Dio forte, vincente” –, Pizzaballa spiega cosa significa “rinnegare la propria vita, prendere la propria croce: forse non significa altro che rinnegare, dire di no ad un certo modo di pensare la vita, la sequela, Dio stesso. Non si tratta di rinnegare ciò che di bello e di buono è in noi, ma ciò che in noi è scandalo, ovvero ci impedisce di entrare nella logica del dono di sé”. Per il patriarca latino “questo è possibile solo dentro un contesto di amicizia e di fiducia grande: solo chi si fida della Parola, chi crede che la Parola salva come ha salvato i discepoli nella tempesta, come ha salvato la figlia della donna straniera, allora è libero dalla propria logica di morte e ritrova se stesso perdendosi nell’amore: questa è la Pasqua, questa è la sequela. Solo chi crede che tutto ciò che è donato, non è perso ma pienamente vissuto, può donare tutto”. Da qui la conclusione: “Solo chi segue qualcuno, chi sceglie di uscire dalla propria solitudine per amare e appartenere alla persona amata, non sperimenterà il dono di sé come perdita, ma anzi come pienezza di vita: solo perdendosi nell’amore ci si ritrova come persone nuove, libere innanzitutto da se stesse, aperte alla vita”.

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