Migranti: Pugliese (Terre des hommes), “migliaia ancora nel deserto tra Libia e Tunisia, ricevono solo acqua e cibo. Né scuola, né cure per gli irregolari”

“Si parla di 1.000 o forse 2.000 persone migranti a ridosso del confine tra Tunisia e Libia. Ma non ci permettono di andare a verificare la situazione umanitaria per capire se è possibile intervenire. Il governo tunisino ha consentito l’accesso solo all’Organizzazione internazionale per le migrazioni, all’Unhcr e alla Croce rossa tunisina ma possono solo e distribuire acqua e cibo”. A parlare al Sir da Tunisi è Flavia Pugliese, referente di Terre des hommes per i progetti in Libia. Da un anno, a causa di motivi burocratici, la Libia non concede visti agli operatori umanitari stranieri, per cui i progetti vengono seguiti a distanza dalla Tunisia, facendo affidamento sullo staff locale. “L’opinione comune – prosegue – è che il governo tunisino non intenda farsene carico, per cui queste persone vengono sballottate tra Libia e Tunisia. La settimana scorsa c’è stata anche l’ondata di caldo più forte della storia tunisina, sicuramente saranno in condizioni terribili. Ma nelle ultime settimane in Tunisia c’è un rifiuto verso tutto quello che è irregolare”. Terre des hommes, specializzata nella difesa dei diritti dei bambini, gestisce dal 2018 tre progetti in Libia, finanziati da Ue, Eco, Aics, Unicef, nel campo dell’educazione, della protezione dell’infanzia e della salute, collaborando con le istituzioni locali. Nei loro centri ad ovest a Tripoli e nella regione meridionale del Fezzan fanno supporto psicoeducativo e sociale a bambini libici, migranti di passaggio e rifugiati con le rispettive famiglie, tra gli 8.000 e i 10.000 ogni anno. “Oggi nei nostri centri comunitari, che sono una sorta di mini scuole – spiega Pugliese – incontriamo migranti che hanno difficoltà ad accedere ai servizi di base. Molti sono bambini costretti al lavoro minorile, all’accattonaggio, o ad attività non lecite, pur di sbarcare il lunario”. “Tutti i migranti senza documenti in regola non sono ammessi nella società libica né in quella tunisina – precisa –. I bambini non possono andare a scuola, non hanno accesso alle cure di base. Quindi vivono in condizioni di totale esclusione, nascondendosi, scappando, cercando di non essere intercettati. Quando vengono intercettati dai raid della polizia o durante le traversate vengono messi nei centri di detenzione. Quello che succede lì solo il padre eterno lo sa. Noi non abbiamo mai messo piede dentro i centri ma si sente dire che sono dei lager, dove le persone vengono sfruttate, picchiate, derubate del poco che hanno. L’integrazione nel tessuto sociale libico non è possibile”.
“Non c’è alcun sistema di integrazione formalizzato, né la volontà di integrare i migranti nelle società libica o tunisina – spiega l’operatrice umanitaria –. Quali sono le alternative? I richiedenti asilo non possono essere rimandati nei Paesi di provenienza, è vietato dal diritto internazionale. Oppure vengono messi nei centri di detenzione, in attesa di sapere cosa fare, ma purtroppo sappiamo quali sono le condizioni. Non esiste un meccanismo di presa in carico e regolarizzazione. È una situazione di emergenza immediata a cui non si sta rispondendo, mentre serve una visione di lungo periodo”.

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