La situazione dei migranti sub-sahariani che vivono o passano per la Libia è drammatica: chi è irregolare non ha accesso alle cure sanitarie di base, i bambini non possono frequentare la scuola e se vengono intercettati dalle forze dell’ordine rischiano di finire nei famigerati centri di detenzione dove vengono notoriamente violati i diritti umani. Delle condizioni dei centri attualmente si sa poco e nulla. Da oltre un anno non vengono rilasciati più visti d’ingresso agli operatori internazionali, per motivi burocratici. Non va meglio in Tunisia, dove dal mese di febbraio gli africani sub-sahariani sono stati costretti a chiudersi in casa per paura di aggressioni a causa di una campagna di odio fomentata da alcune dichiarazioni del presidente Kais Saïed. Ora i toni si sono un po’ smorzati, ci sono piccole azioni di solidarietà dalla società civile, ma di fatto chi è in condizione di irregolarità continua a lavorare in nero, a cottimo, rischiando moltissimo. Molti sono stati rimpatriati in Costa d’Avorio o Senegal. La situazione più terribile riguarda migliaia di persone abbandonate nel deserto al confine tra Tunisia e Libia. Nessuno li vuole. Scioccante è stata la foto di una mamma e della figlia ritrovate morte, probabilmente di fame e sete, nella stessa posizione in cui dormivano. “Si parla di 1.000 o forse 2.000 persone a ridosso del confine – riferisce al Sir da Tunisi Flavia Pugliese, referente di Terre des hommes per i progetti in Libia -. Ma non ci permettono di andare a verificare la situazione umanitaria per capire se è possibile intervenire. Il governo tunisino ha consentito l’accesso solo all’Organizzazione internazionale per le migrazioni, all’Unhcr e
alla Croce rossa tunisina ma possono solo e distribuire acqua e cibo”.
“L’opinione comune – prosegue – è che il governo non intenda farsene carico, per cui queste persone vengono sballottate tra Libia e Tunisia. La settimana scorsa c’è stata anche l’ondata di caldo più forte della storia tunisina, sicuramente saranno in condizioni terribili. Ma nelle ultime settimane in Tunisia c’è un rifiuto verso tutto quello che è irregolare”.
Terre des hommes, specializzata nella difesa dei diritti dei bambini, gestisce dal 2018 tre progetti in Libia, finanziati da Ue, Eco, Aics, Unicef, nel campo dell’educazione, della protezione dell’infanzia e della salute, collaborando con le istituzioni locali. Nei loro centri ad ovest a Tripoli e nella regione meridionale del Fezzan fanno supporto psicoeducativo e sociale a bambini libici, migranti di passaggio e rifugiati con le rispettive famiglie, tra gli 8.000 e i 10.000 ogni anno. Tutto è in mano allo staff libico (circa 25 persone) ma è gestito da remoto, dalla sede tunisina, per via del blocco dei visti per il personale espatriato. Fino al 2019 Terre des hommes operava anche in due centri di detenzione libici (Qasr Bin Ghasheer, Tajoura) e nel campo per sfollati libici di Alfallah.
“Oggi nei nostri centri comunitari, che sono una sorta di mini scuole – spiega Pugliese – incontriamo migranti che hanno difficoltà ad accedere ai servizi di base. Molti sono
bambini costretti al lavoro minorile, all’accattonaggio, o ad attività non lecite, pur di sbarcare il lunario”.
Migranti sub-sahariani, integrazione impossibile. La situazione dei migranti sub sahariani in Libia e Tunisia – la maggior parte fugge da conflitti, fame, povertà e aspira ad imbarcarsi verso l’Europa – è quindi sempre sul filo dell’emergenza, le organizzazioni umanitarie devono per lo più rispondere a bisogni di base. L’integrazione è difficile se non impossibile. “Non c’è alcun sistema di integrazione formalizzato, né la volontà di integrare i migranti nelle società libica o tunisina – spiega l’operatrice umanitaria -. Quali sono le alternative? I richiedenti asilo non possono essere rimandati nei Paesi di provenienza, è vietato dal diritto internazionale. Oppure vengono messi nei centri di detenzione, in attesa di sapere cosa fare, ma purtroppo sappiamo quali sono le condizioni. Non esiste un meccanismo di presa in carico e regolarizzazione. È una situazione di emergenza immediata a cui non si sta rispondendo, mentre serve una visione di lungo periodo”.
Nel sud della Libia alcuni si fermano per cercare lavoro nei canali informali per guadagnare qualcosa e poi spostarsi più a nord per tentare la traversata.
“Tutti i migranti senza documenti in regola non sono ammessi nella società libica né in quella tunisina
– precisa Pugliese -. I bambini non possono andare a scuola, non hanno accesso alle cure di base. Quindi vivono in condizioni di totale esclusione, nascondendosi, scappando, cercando di non essere intercettati. Quando vengono intercettati dai raid della polizia o durante le traversate vengono messi nei centri di detenzione. Quello che succede lì solo il padre eterno lo sa. Noi non abbiamo mai messo piede dentro i centri ma si sente dire che sono dei lager, dove le persone vengono sfruttate, picchiate, derubate del poco che hanno. L’integrazione nel tessuto sociale libico non è possibile”.
Sui recenti accordi tra Tunisia e Unione europea gli operatori umanitari sono perplessi: “Bisogna capire se servono solo per il controllo delle frontiere o è previsto anche altro. Finora non abbiamo visto nessuna apertura sulla possibilità di fondi disponibili per il versante umanitario. Ce lo auguriamo un po’ tutti ma al momento non c’è nulla”.