“Io so accendere il fuoco. Non ci vuole molto. Prendiamo delle pietre, dei legni, lo accendiamo. Don, perché non lo facciamo davvero? Questa era Chiara, entusiasta, sempre sul pezzo delle cose, fantasiosa, orgogliosa delle sue conoscenze scout, di questa sua grande esperienza, pronta a mettersi in vista subito. Non si aspettava domani, era già adesso. Anzi era un quarto d’ora fa. Con tutto l’entusiasmo dei suoi sedici anni e con tutte le fatiche dei suoi sedici anni”. Queste le parole dell’omelia di don Roberto Bartesaghi, parroco della chiesa di Cristo Re in Tavernola, durante i funerali di Chiara Rossetti, la ragazza scout morta il 25 luglio scorso a Corteno Golgi (BS), a causa di un albero abbattuto dal maltempo sulla tenda dove si trovava durante il campo estivo dei reparti del Gruppo Como Terzo. “Sui suoi cinque pani e due pesci sapevi di poter contare sempre. Sempre. Sempre e subito. Perché era generosa. Tanto. Troppo. Perché voleva bene a tutti, sempre, subito, senza sé e senza ma. Non importa cosa mi ha fatto o non mi ha fatto, cosa sia, cosa non sia, a tutti”. Ha aggiunto il parroco commosso che ha paragonato Chiara al ragazzo che nel brano del Vangelo del miracolo dei pani e dei pesci (Gv 6,1-15), offre tutto quello che ha nella bisaccia a Gesù, così come lei viveva accogliendo la parola del Signore, facendola diventare il suo stile di vita, servendo il Signore. “Un viso grande e sorridente”, la descrizione del parroco che ha proseguito nell’omelia sottolineando, “Chiara era l’immagine della vita, l’immagine della gioia. Era il segno visibile di un Dio che ci vuole bene, di un Dio che davvero vuole il massimo per gli uomini che ha creato e, come ci ha ricordato il testo della Sapienza nella prima lettura, un Dio che vuole la vita, un Dio che vuole per noi ogni bene, un Dio della gioia. Perché allora oggi siamo qui davanti a Dio e questa gioia ci è stata rubata?”.
Don Bartesaghi ha citato il testo della Sapienza dove per rispondere a questa domanda si dice che è l’invidia del diavolo ad aver generato il terribile mistero della sofferenza, del dolore, della morte, che segna la vita ed è incomprensibile. “Lo ricordavano ieri sera anche papà Marco e mamma Francesca. Dio non è il Dio della morte, è il Dio della vita. È il Dio che ci ama, che vuole per noi il massimo, che ci ha voluto la sua immagine, che si piega sui nostri bisogni, sulle nostre fatiche. È il Dio che ha voluto vincere quella morte, incarnandosi, morendo e risorgendo per noi, aprendo la via della risurrezione e il via di una vita che va oltre la morte. Per essere sempre il Dio con noi”. Queste le parole del parroco di Tavernola che ha continuato: “Non lasciamo che l’invidia del diavolo ci rubi il sorriso di Chiara. Non permettiamo che questo mistero grande della morte, del dolore, della sofferenza, ci rubi la grandiosità e la bellezza di quello che Dio ci ha donato. Chiediamo al Buon Pastore che ci stia vicino, che ci aiuti a intuire se non a comprendere, che ci aiuti a ritrovare forza, che ci ritorni la vita, che ci faccia risorgere già oggi di quella risurrezione che attendiamo tutti quando un giorno saremo nella piena comunione con lui, quando, come diremo con il rito, potremo tornare a godere della presenza e dell’amicizia della nostra sorella Chiara”. Prima di concludere don Roberto Bartesaghi ha invitato tutti a seguire l’esempio di Chiara, mettendo i propri pani e pesci nelle mani del Signore perché nulla vada perduto, accogliendo il dolore come una prova, ma soprattutto il suo amore e la sua misericordia perché conceda la forza di viverla, guardando alla risurrezione. “Quest’oggi credo che questa chiesa sia il segno di quella ricchezza che, attraverso anche le mani ed il cuore di Chiara, il Signore ha voluto spezzare e condividere in mezzo a noi”.