“È il momento dei ringraziamenti. Grazie a tutti voi che così numerosi avete accettato l’invito a riflettere insieme per questo anniversario così importante”. Lo ha detto il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana (Cet), nell’ultimo giorno del convegno “Il Codice di Camaldoli”, promosso dal 21 al 23 luglio al Monastero di Camaldoli da Conferenza episcopale italiana, dalla Comunità di Camaldoli, dalla Conferenza episcopale toscana, da Camaldoli Cultura e da Toscana Oggi.
“Gli orizzonti si sono aperti molto più ampiamente di quello che potevamo pensare, grazie alla presenza del presidente della Repubblica, del cardinale segretario di Stato di Sua Santità, del presidente della Conferenza episcopale italiana”, ha affermato il porporato.
“Grazie ai due strumenti che hanno elaborato concretamente questo incontro, che sono due strumenti di comunicazione: uno è l’Ufficio di comunicazioni sociali della Cei, l’altro il settimanale cattolico toscano Toscana Oggi. È interessante che la proiezione non è tra noi, ma è per comunicare a tutti, per raggiungere tutti con le parole che qui si sono incrociate”, ha proseguito il card. Betori, che ha ringraziato poi il “Comitato scientifico, con il professor Tiziano Torresi in modo particolare che ha elaborato la struttura di questo incontro”, e soprattutto i “relatori”. “Una delle esperienze più belle che ho fatto stando qui in questi giorni è che il mondo degli intellettuali cattolici ha ancora molto da dire – ha osservato il presidente della Cet -. Noi abbiamo assistito a relazioni di alto livello, di profondità intellettuale, culturale, di studio. Il che dimostra che gli intellettuali cattolici non sono morti. A volte ci diamo un po’ il flagello sulle spalle, diciamo che siamo minoranza, che siamo in estinzione, come Chiesa, come mondo cattolico, siamo inefficaci in una società plurale come quella in cui viviamo, siamo una minoranza ridotta ormai all’emarginazione. Ecco, mi sembra che qui da una parte abbiamo l’esempio che ci viene da coloro che hanno generato il Codice di Camaldoli, che non erano certo i dominatori della scena, né politica né culturale del tempo. Un piccolo gruppo di persone che è stata capace di elaborare riferimenti che valgono per noi ancora oggi. Dall’altra parte, anche per noi non è tutto perduto, abbiamo ancora dei semi da far crescere all’interno della nostra comunità, un’elaborazione. Non dico un nuovo Codice, ma quell’humus che il Codice a un certo punto sintetizza può rinascere ancora tra di noi”. “Questo credo che sia il compito di domani”, ha concluso il card. Betori.