“Venezia è la citta dei ponti (436, che uniscono 121 isole) ma è anche la città ‘ponte’ che, da sempre, unisce Oriente e Occidente; è la città crocevia fra culture, religioni, popoli e uomini. Un ponte è proiezione in avanti del presente, verso un ‘oltre’, un futuro che attende e che, per quanto dipende dagli uomini, va preparato. Sì, il futuro si costruisce oggi, nel presente, già in mezzo a noi”. Sono queste le parole con le quali il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, si è rivolto alle persone intervenute ieri per l’inaugurazione del ponte votivo del Santissimo Redentore nel ricordo della liberazione di Venezia dalla peste del 1575-77. Il patriarca di Venezia ha parlato di “tempo di cambiamento”, attestato dagli eventi molteplici e contraddittori della globalizzazione, come le tecnoscienze, l’intelligenza artificiale, il mondo meta, il post-umano e il trans-umano, ma anche la guerra in Ucraina, che consegnerà uno scenario geopolitico radicalmente diverso, e la sfida della riconversione e della sostenibilità energetica ed ambientale che cambierà gli stili di vita. “Sono questioni che non ci toccano da lontano, perché entrano pesantemente nelle nostre vite e le cambieranno. Venezia, città fragilissima ed unica, sarà segnata più di ogni altra da tali cambiamenti”, ha aggiunto mons. Moraglia, evocando l’immagine del ponte come ammonizione del futuro come proiezione di ciò che già è presente nell’oggi e che deve essere di nostro interesse. “Noi, oggi, viviamo nel grande ‘laboratorio’ del futuro e Dio non voglia che sia un futuro di disumanità. Porre al centro l’uomo rispettandone l’intangibilità della vita dal concepimento al suo spegnersi naturale, questa la scelta per avere un futuro a misura d’uomo e di speranza, di sviluppo e di pace, fondata su un’etica privata e pubblica in cui l’uomo non sia mai egemone arbitro di sé, dei suoi simili, dell’ambiente, delle biodiversità. “Davanti a questo ponte guardiamo con fiducia, con coraggio e con umiltà al futuro che non poco dipende dalle scelte del nostro presente”, la conclusione del patriarca di Venezia, che per ultimo ha ricordato Mattia, il suo papà Marco e la sua nonna Mariagrazia, morti nel tragico incidente di S. Stefano di Cadore ed i cui funerali sono stati celebrati stamattina. “Al Santissimo Redentore affidiamo anche queste famiglie e questi morti. A Lui ci affidiamo tutti noi, perché è Lui la nostra unica speranza e salvezza”.