Come Atlante regge il mondo sulle spalle, allo stesso modo Tom Cruise sembra reggere le sorti di Hollywood. Nel 2022 “Top Gun: Maverick” è stata una scommessa vinta in termini qualitativi ma soprattutto di botteghino, regalando ossigeno alle sale statunitensi (ma non solo). Ora il divo torna al cinema con il nuovo capitolo della saga “Mission: Impossible”, “Dead Reckoning. Parte uno”, con sequenze mozzafiato girate tra Roma e Venezia. E fa di nuovo centro! Non è solo una lezione di cinema d’azione, tra dinamica del racconto e gestione della tensione, ma a funzionare è anche il tema portante: una riflessione di stringente attualità su potenzialità e allarmanti limiti dell’intelligenza artificiale. Ancora, è in sala dal 6 al 12 luglio il documentario “Raffa. Il ritratto di un’icona senza tempo” firmato da Daniele Luchetti, un sentito omaggio a Raffaella Carrà, regina della televisione italiana. Il doc si sottrae alla prevedibile formula “Techetechetè” regalando un interessante ritratto della Carrà tra scena e retroscena, con lampi introspettivi. Luchetti si conferma un grande regista. Il punto Cnvf-Sir.
“Mission: Impossible. Dead Reckoning. Parte uno” (Cinema, 12.07)
Come per Harrison Ford e Indiana Jones, il confine è sottile tra Tom Cruise e il suo personaggio Ethan Hunt, protagonista del ciclo “Mission: Impossible”. L’avventura è iniziata ormai quasi trent’anni fa, nel 1996, quando Cruise ha deciso di recuperare il concept della serie televisiva “Mission: Impossible” producendola e interpretandola sul grande schermo. Il primo film è stato diretto da Brian De Palma, i successivi sempre da grandi registi dallo sguardo vigoroso e innovatore tra cui John Woo e J.J. Abrams, fino a Christopher McQuarrie, che ha firmato (copioni compresi) “Rogue Nation” (2015) e “Fallout” (2018), titolo che ha raggiunto il più alto consenso al box office, la soglia degli 800 milioni di dollari.
Il 12 luglio esce nei cinema l’attesissimo settimo capitolo, “Mission: Impossible. Dead Reckoning. Parte uno”, firmato ancora una volta da Christopher McQuarrie (Oscar per il copione di “I soliti sospetti”) e con Tom Cruise sempre capofila come protagonista-produttore. Accanto a lui gli storici comprimari Ving Rhames nel ruolo di Luther e Simon Pegg in quello di Benji, geni dell’informatica, del travestimento e preziosi “problem solver”; nel tempo si è aggiunta anche Rebecca Ferguson nei panni dell’agente Ilsa Faust, che qui regala una sequenza di grande intensità. Ritorna inoltre Vanessa Kirby come “Vedova Bianca”. La new entry è Hayley Atwell nei panni della ladra Grace.
La storia. Ethan Hunt e il team di agenti nell’ombra Imf vengono ingaggiati dal governo statunitense per recuperare le due metà di una chiave che conduce a una pericolosa arma: l’“Entità”, potente evoluzione dell’intelligenza artificiale che può condizionare gli equilibri geopolitici internazionali. Una parte della chiave è finita nelle mani di una ladra dal passato poco chiaro, Grace. Nel corso della missione Ethan si troverà davanti una vecchia conoscenza che riaffiora dal passato, ancora più minacciosa e vendicativa.
Dopo aver fatto il pieno di consensi tra critica e pubblico con “Top Gun: Maverick”, Tom Cruise si prepara a inanellare un’altra sequela di successi con “Mission: Impossible. Dead Reckoning. Parte uno”. Il film funziona, stupisce e conquista: è infatti uno studiato concentrato di azione, adrenalina, ironia e suspense. La linea della storia e la dinamica del racconto corrono veloci lungo un binario di colpi di scena cesellati al millimetro. L’azione è solida, serrata, rivelando un’acuta ed esperta preparazione: a lasciare il segno sono soprattutto gli inseguimenti tra le vie di Roma con una magnetica 500 gialla, come pure la corsa a perdifiato tra i canali di Venezia o i volteggi vertiginosi sul treno tra le Alpi austriache (che ricordano anche l’ultimo Indiana Jones, “Il quadrante del destino”).
E proprio in questo si vede la qualità del prodotto: non è solo un ingente budget a garantire il successo di un titolo d’azione – ad esempio “The Gray Man” (2022) e “Citadel” (2023) dei fratelli Russo, seppur sorretti da corposi capitali, risultano un po’ troppo caotici e fracassoni –, ma conta la giusta compenetrazione tra scrittura, regia e dosaggio bilanciato di azione ed effetti speciali. A questo, ovviamente, si aggiunge il fattore Tom Cruise: lui stesso imprime ai film che sposa una garanzia in termini di qualità e “densità” della proposta, pure trattandosi del genere avventuroso-action. Il divo non si risparmia in nulla, portando a casa ogni volta un risultato portentoso. E questo è chiaro al pubblico, che lo segue fedelmente.
Insomma, tutto gira alla perfezione in “Mission: Impossible. Dead Reckoning. Parte uno”, un intrattenimento acuto puntellato da scariche costanti di adrenalina, che direzionano l’attenzione su temi al centro del dibattito pubblico: l’intelligenza artificiale è sì il nuovo traguardo della scienza, ma anche un guadagno da gestire con prudenza per preservare privacy e sicurezza, individuale e collettiva. “Dead Reckoning. Parte uno” è un film che corrobora il fascino sempreverde di Tom Cruise, uno dei grandi divi di Hollywood di ieri e di oggi. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
“Raffa. Il ritratto di un’icona senza tempo” (Cinema, 06.07)
Affascina il documentario di Daniele Luchetti “Raffa. Il ritratto di un’icona senza tempo”, un omaggio a Raffaella Carrà che giunge nei cinema nell’anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 5 luglio 2021, e quasi in prossimità del suo compleanno: il 18 giugno avrebbe compito 80 anni. A produrre il doc “Raffa” (circa 180’) è il gruppo Fremantle insieme alla piattaforma Disney+, la sceneggiatura è firmata da Cristiana Farina, Carlo Altinier, Barbara Boncompagni, Totò Coppolino e Salvo Guercio.
La storia. Per raccontare la straordinaria vita di Raffaella Carrà il regista è partito dall’infanzia a Bellaria, dalla riviera romagnola, tra frammenti familiari e riferimenti culturali. Nel viaggio narrativo, lungo il binario cronologico, si ripercorrono gli esordi della giovane Raffaella Pelloni nella danza classica e poi come attrice a Roma, al Centro sperimentale di cinematografia. Il grande schermo la tiene a battesimo e tra i suoi lavori si ricorda soprattutto “Il colonnello Von Ryan” (1965) con Frank Sinatra. La carriera però esplode luminosa in Rai, grazie all’incontro con Gianni Boncompagni: lì nascono il nome d’arte, il mito di Raffaella Carrà e il ciclo di programmi cult come “Canzonissima”, “Milleluci”, “Pronto, Raffaella?” e “Carràmba! Che sorpresa”, condivisi anche con Sergio Japino. Oltre lo schermo, la Carrà ha venduto 60 milioni di dischi nel mondo…
Punto di forza del doc “Raffa” sono le immagini di repertorio dalle storiche trasmissioni; nel ricco paniere confluiscono anche filmati privati, legati alla riservatissima vita familiare, come pure i successi esteri. E il racconto della carriera internazionale della Carrà rappresenta uno dei guadagni del film: viene tratteggiato infatti il percorso che l’artista ha compiuto prima in Spagna, dove intercetta una voglia di libertà sul tramonto della dittatura franchista, poi in Nord Europa, America Latina e Stati Uniti. Una popolarità avvolgente e travolgente (che la spinge a ricorrere alle guardie del corpo), di cui però l’Italia sembra non accorgersi del tutto.
Elemento di valore è la regia di Daniele Luchetti: l’autore (suoi “La Scuola”, “La nostra vita”, “Lacci” e “L’amica geniale. S3”) ha saputo governare la moltitudine di documenti audiovisivi disponibili insieme a testimonianze di amici e colleghi – tra i tanti Rosario Fiorello, Enzo Paolo Turchi, Bob Sinclar, Loretta Goggi, Tiziano Ferro e Marco Bellocchio –, componendo un racconto compatto, puntuale, dal ritmo coinvolgente. Luchetti offrire una prospettiva “inedita” su Raffaella Pelloni-Carrà: tra i passaggi più vibranti il racconto del vuoto ingombrante lasciato dalla figura paterna.
Nell’insieme, la narrazione è colorata, pop, scandita da una girandola di brani popolarissimi. Nel film viene dato conto anche della sua dimensione estetica, la costruzione dell’immagine attraverso una precisa scelta dei costumi, come pure delle influenze esercitate su molti artisti e ambiti della società, tra i quali la comunità Lgbtqi+, che l’ha presa come punto di riferimento. Il doc “Raffa” è un intenso e dettagliato omaggio a Raffaella Carrà, composto con originalità e sguardo acuto da un regista di talento, Luchetti, che non si è accontentato del “facile compilativo”.