“Dobbiamo passare da una democrazia rappresentativa a una democrazia partecipativa, con la corrispondente pluralità”, poiché “nessuna soluzione basata sull’eliminazione dell’altro può essere un buon modo per ricreare la democrazia. Dobbiamo mettere ‘un orecchio al popolo e l’altro al Vangelo’. Siamo tutti chiamati a questo compito”. È il forte richiamo contenuto nel messaggio finale della Settimana sociale della Chiesa argentina, intitolata “Quarant’anni di democrazia e dieci anni di Francesco”, organizzata dalla Commissione episcopale per la pastorale sociale, che si è conclusa ieri a Mar del Plata.
“Ricordiamo che nella ripresa della democrazia, dopo la notte più buia, si sognava un ideale democratico con valori popolari che garantisse l’uguaglianza, lo sviluppo economico e l’integrazione repubblicana della nazione. Tuttavia, le lotte economiche e politiche hanno aperto le porte a una crisi di rappresentanza nelle istituzioni, che è andata di pari passo con un processo di disgregazione e frammentazione del corpo sociale. La democrazia cessò di identificarsi con l’espressione degli interessi della maggioranza, del bene comune, e divenne uno strumento condizionato da poteri minoritari o corporativi”. È la ricostruzione contenuta nel documento, che prosegue sottolineando che è fondamentale “recuperare il senso di appartenenza al Paese per costruire insieme una comunità che difenda la vita e gli interessi di tutti, senza lasciare fuori nessuno”. I vescovi sottolineano che durante la Settimana sociale è emersa la necessità di “rafforzare l’ascolto, di imparare ad ascoltarsi con umiltà e speranza come via indispensabile per dialogare, per ricreare, facendo lo sforzo di articolare questa dimensione individuale, personale, per metterla in gioco nella dimensione sociale, collettiva, strutturale della vita comunitaria in questo momento storico”.