“Le cose si complicano in Sudan con l’entrata in campo di un terzo soggetto armato: una delle tre declinazioni del Sudan People’s Liberation Army – North (Spla-N)”. Il quadro della situazione nel Paese africano, attraversato da un ennesimo conflitto, è tratteggiato dalla redazione di “Popoli e Missione”. “Da alcuni giorni questo gruppo imperversa tra Sud Kordofan e Blue Nile, le regioni di origine e appartenenza di questi combattenti”. Si aprono dunque nuovi fronti di guerra in Sudan “e a rimetterci sono naturalmente i civili. L’irrompere del conflitto anche nella regione di confine con l’Etiopia, nel Blue Nile, è una novità che disegna scenari preoccupanti”. Centinaia di persone tra le più vulnerabili stanno fuggendo verso l’Etiopia, incalzate dal movimento ribelle, entrato nel conflitto che dal 15 aprile si combatte tra esercito governativo e paramilitari del generale Hemedti. Si tratta quindi di un terzo protagonista armato.
Con la redazione di “Popoli e Missione” parla un missionario che vive e opera da anni in Sudan, il quale chiede di restare anonimo per evitare ritorsioni. “È troppo presto per capire quale sia l’intenzione reale di questo gruppo armato, l’Spla-N e del suo leader – spiega la fonte –; in passato a me era sembrato tra i più ragionevoli, per cui adesso mi chiedo se il suo intervento in guerra sia da interpretare come difesa estrema del popolo, nel Sud Kordofan e Blue Nile, oppure come semplice volontà di dominio. Soprattutto ora che l’esercito regolare è più debole”. E aggiunge: “L’Spla-N potrebbe voler approfittare della parziale ritirata dell’esercito da quelle zone per conquistare il territorio più grande”.
Alcuni testimoni oculari hanno raccontato al Sudans Post che “i combattimenti nel Blue Nile sono iniziati all’alba di lunedì, quando forze armate, appartenenti al Spla-North hanno attaccato l’esercito sudanese a sud di Kurmuk, nel Blue Nile”, provocando la fuga di centinaia di persone disperate. Altre testate locali e la Reuters confermano gli scontri.
Il missionario conferma che la situazione interna in tutto il Sudan “è sempre più confusa e drammatica per i civili che restano in patria, e per gli sfollati che devono raggiungere i Paesi limitrofi, anzitutto l’Egitto, poi il Ciad, e l’Etiopia”. L’Egitto ha posto molte restrizioni ai visti per i profughi in uscita dal Sudan: fino a qualche mese fa i bambini e gli anziani non avevano bisogno di visto, ora è necessario. “Popoli e Missione”, aggiunge: “Nonostante la mancanza di cibo e beni di prima necessità, i missionari che non hanno lasciato il Sudan, stanno bene: i comboniani sono tuttora presenti in tre località: Port Sudan, dove sono abbastanza tranquilli, sebbene la città abbia ricevuto tantissimi sfollati interni ed abbia infrastrutture limitate; a Kosti, lungo la strada verso il Sud Sudan. E infine ad El Obeid”.
I missionari salesiani sono invece presenti sia a El Obeid che a Khartoum e un loro messaggio giunto in redazione dice: “La situazione sta peggiorando, giorno per giorno si fa più dura. Mancano cibo e acqua, le banche sono chiuse e anche se qualcuno possiede una moneta straniera non può cambiarla in nessun modo perché non c’è più denaro in circolazione”.