“I ministeri istituiti non sono la soluzione a tutti i problemi della Chiesa ma sono un prezioso dono. Se li prendiamo sul serio, la questione di un attento discernimento comunitario e di un’adeguata formazione teologica di base dei ministri è un nodo centrale”. Lo ha affermato Nadia Toschi Vespasiani, docente di Teologia morale all’Issr Toscana, intervenendo alla 72ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale sul tema “‘Andò in fretta verso la montagna’ – Esisterà ancora nei piccoli paesi la comunità cristiana che segue e annuncia Cristo?” in corso da ieri a Lucca per iniziativa del Centro di orientamento pastorale (Cop).
Nel focus dedicato a “Vocazione e preparazione ai ministeri dei laici al servizio delle comunità cristiane senza prete residente”, la docente è partita dal “dato critico” che riguarda il “calo dei presbiteri” e la “conseguente difficoltà a garantire in ogni parrocchia un parroco residente”. È, però, anche un “segno dei tempi” e un’“opportunità”; per cui – ha osservato – “guardiamo con fiducia e speranza anche questa crisi, imparando non solo a gestirla, ma a viverla nello Spirito” perché non si tratta solo di “un problema di riempire i vuoti”.
La docente ha indicato un “possibile cammino” in più passi che parte dalla formazione preliminare della comunità per passare al discernimento della comunità in relazione alla sua realtà e ai suoi bisogni fino all’istituzione e al mandato dei ministri. Richiamando la nota Cei su “I ministeri nella Chiesa”, sono stati ribaditi i criteri di base per il discernimento dei candidati: maturità umana e spirituale del candidato; senso ecclesiale; capacità di collaborare; livello di istruzione generale, formazione teologico-pastorale specifica già acquisita o disponibilità ad acquisirla; contesto familiare del candidato e il consenso della famiglia. Altre caratteristiche, da tenere presenti in negativo, sono carrierismo, protagonismo, autoritarismo e/o paternalismo, fragilità umana, tendenza al clericalismo…
Per quanto riguarda il discernimento, Toschi Vespasiani ha ribadito che dev’essere la comunità nelle sue diverse componenti: il Consiglio pastorale parrocchiale con il suo parroco, sentendo anche il parere di coloro che già svolgono nella comunità un ministero di fatto e invitando tutta la comunità nel suo complesso ad accompagnare il cammino dei candidati, riconoscendone così indirettamente l’idoneità. A questi si affianca una commissione diocesana ad hoc, istituita dal vescovo che è il soggetto ultimo del discernimento e conferisce il ministero.
La docente ha invitato anche a “mettersi in una prospettiva diversa” nei confronti di ogni candidato chiedendosi “quali doni posso promuovere in questa persona che possono essere messi al servizio della comunità”. I ministeri istituiti – ha concluso – “sono un prezioso dono da vivere per tutta la Chiesa e in particolare per quelle comunità che già adesso o presto non avranno un presbitero residente. Insieme, uomini e donne, laici sposati e non, ministri ordinati, istituiti e di fatto, potranno formare team/équipe pastorali per costruire una Chiesa partecipativa di comunione”.