Settimana sociale 2024. Cei: “Non c’è democrazia senza partecipazione”

Pubblicato oggi il Documento preparatorio dell'evento, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024 sul tema: "Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro".

(Foto: Settimane sociali)

“Nella società italiana si legge il desiderio di una ripartenza che stenta ad arrivare, di qualcosa che faccia riscoprire il valore di una nuova cittadinanza fondata sul contributo di tutti”. Ne è convinta la Chiesa italiana, che nel documento preparatorio della Settimana sociale dei cattolici in Italia, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024 sul tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”, sulla scia della “Fratelli tutti” di Papa Francesco ricorda che “il cristianesimo non è una competenza, non è un ideale astratto o una morale etica e sociale, ma un desiderio profondo che ci fa cercare la pienezza dell’amore” e ne rilancia le parole-chiave: “fraternità, ospitalità, amicizia sociale, pace, tenerezza, dialogo, cultura dell’incontro, riconciliazione, creatività, amore per il bene comune. Nuove e mai comprese fino in fondo. Nuove e tutte da sperimentare. Nuove e da inventare da capo. Ripartendo dall’Abc”. Da queste parole sono nati i “Laboratori della Partecipazione”, luoghi di confronto, di dialogo, di elaborazioni comuni che scandiranno i lavori delle giornate di Trieste per misurarsi “con le grandi questioni civili, come il potere, l’educazione, la dimensione politica della carità, la responsabilità della cura dei luoghi e dell’ambiente, l’immaginazione politica”.

“Il futuro del Paese richiede persone capaci di mettersi in gioco e di raccordarsi tra loro per rigenerare gli spazi di vita, anche i più marginali e affaticati, rinforzando la capacità di scegliere democraticamente e di vivere il potere come un servizio da condividere”,

la tesi centrale del documento preparatorio: “È una sfida che riguarda tutti i cittadini: tutte le voci di una comunità devono trovare parola, ascolto e sostegno, per elaborare pensiero e percorsi di partecipazione, per trasformare il presente e liberare più bellezza nel futuro”, ripartendo dai luoghi dove le persone vivono e immaginando il futuro “in sintonia con la tappa profetica del Cammino sinodale”.

“Non basta il momento elettorale o il rispetto formale dei diritti delle minoranze per definire una democrazia”,

si legge a proposito della parola-chiave del documento, partecipazione: “Non può esistere una democrazia che non abbia in sé questa tensione vitale, questa spinta al cambiamento, anche un certo conflitto positivo che non lascia in pace le persone e le sfida a trovare insieme le soluzioni di cui hanno bisogno”. La partecipazione, inoltre, “non attiene solo al campo del fare, delle buone pratiche, alle azioni concrete”, ma coinvolge anche la dimensione culturale, spirituale e politica: “Partecipazione è sempre un campo di azione plurale, collettivo, comunitario, vitale, generativo, espressione di un ‘noi comunitario’. È un campo accessibile, dove nessuno deve sentirsi escluso dalla possibilità di incidere nei processi cruciali per la difesa e la promozione del bene comune; dove nessuno può chiamarsi fuori dalle responsabilità condivise, ma deve poter mettere in gioco i suoi talenti per il bene del suo quartiere, della sua città, del suo paese”.

“Poter godere di un lavoro dignitoso, riconosciuto, capace di far fiorire capacità e talenti, che consenta tempi di conciliazione con gli altri aspetti della vita (famiglia, figli, tempo libero, salute) è un nodo fondamentale di ogni democrazia, se abbiamo a cuore non solo la crescita economica ma soprattutto lo sviluppo integrale delle comunità e delle persone”.

E’ una delle richieste del testo, in cui si descrive la crisi attuale come un unico processo con diverse componenti: la componente sociale, dove l’incertezza “pesa sulle nostre vite quotidiane generando paura e spaesamento”; la componente climatica, che “mostra gli effetti della nostra incuria sul pianeta ed è ormai sotto gli occhi di tutti”; la componente geopolitica, che “ha messo a nudo la fragilità delle interdipendenze politiche, economiche, energetiche, e ha mostrato quanto sia complesso tenere insieme democrazie e Stati autoritari, come la pace sia un bene fragile che fatichiamo a difendere e tutelare”; la componente migratoria, che “ci racconta di un mondo che si muove, di giovani generazioni che cercano un futuro fuori dai loro Paesi, di nuovi migranti ambientali che pagano il costo dei cambiamenti climatici e che sollecitano la nostra capacità concreta di accoglienza e di fraternità universale”. Per quanto riguarda lo scenario internazionale,

“il mondo sembra fare passi indietro”, il monito della Cei, a partire dalla guerra che “torna a devastare nel cuore dell’Europa”.

L’Italia dei “senza” e l’Italia dei “con”, il ritratto contenuto nel documento preparatorio: “senza cittadini, senza abitanti, senza fedeli, senza lavoratori”, ma anche con “il protagonismo di tanti cittadini che si sono incamminati, che si stanno rimboccando le maniche, ma che forse abbiamo perso di vista”. Ascoltare le donne e i giovani, i due imperativi.

“I cristiani non sono (solo) quelli che frequentano le chiese”,

si precisa nel testo a proposito dell’attività di tane realtà associative, del mondo cooperativo, delle tante imprese sociali e civili: “li troviamo nelle corsie degli ospedali, disposti ad ascoltare i pazienti, nelle scuole dove ci sono insegnanti che sanno educare e capire i loro allievi, nelle aziende sane dove si coltiva un’idea di economia civile capace di mettere al centro la persona e l’ambiente. I cristiani li troviamo nei luoghi della vita quotidiana, nei quartieri dove si fanno carico delle solitudini delle persone, nelle reti di prossimità, nelle azioni in difesa del pianeta e della biodiversità, dove fanno esercizio di creatività e di immaginazione. Osano, propongono, mettono a terra idee e progetti. Spesso danno fastidio, provocano”. Ma senza di loro – la citazione di Papa Francesco – “la democrazia si atrofizza”.

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