La Corte Costituzionale della Colombia, a sedici mesi circa di distanza della sentenza che aveva depenalizzato l’interruzione volontaria della gravidanza fino a 24 settimane, ha emesso ieri un nuovo pronunciamento, precisando che l’aborto non è né “legalizzato” né un “diritto fondamentale” in Colombia. La nuova sentenza, emessa in riferimento al ricorso di una donna indigena cui era stato negato l’aborto, afferma che il sistema sanitario non sia obbligato a fornire l’interruzione della gravidanza, al di là dei tre motivi che erano già stati riconosciuti nella sentenza C-355 del 2006: in caso di stupro, rischio di morte della madre o malformazione del feto.
In pratica, la sentenza non cambia il fatto che le donne incinte possano accedere al sistema senza alcuna restrizione di carattere penale fino alla 24ª settimana, ma consente agli operatori sanitari di rifiutarsi di praticare l’aborto, sostenendo che, secondo uno dei firmatari della sentenza, “le ragioni addotte in ciascun caso devono essere soppesate rispetto all’obbligo di proteggere la vita in gestazione”.