Non sono dipendenti dalle droghe ma vivono “strafatti” di TikTok, Instagram, Twitch e rischiano di perdere il senso della realtà: almeno 100mila adolescenti italiani fra gli 11 e i 17 anni fanno un uso compulsivo e incontrollato di social e piattaforme di streaming, quasi altrettanti si chiudono per mesi in camera sostituendo il reale con l’irreale virtuale. A questi si aggiungono circa 500mila ragazzi, soprattutto maschi, a rischio di dipendenza da videogiochi: così, mentre in Italia il tempo medio trascorso su internet si aggira attorno alle 6 ore, varie forme di dipendenza dalla tecnologia dilagano fra i giovani, “complice il malessere di una generazione post-Covid in cui l’isolamento emotivo e la rottura con il mondo sociale hanno minato la salute mentale”. Lo ha sostenuto un recente studio italiano promosso dal dipartimento Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di sanità, condotto dall’Irccs Stella Maris e la Ausl di Bologna, discusso dagli esperti riuniti per il convegno congiunto Sinpf (Società italiana di neuropsicofarmacologia) e Sinpia (Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) dal titolo: “Psicofarmacologia clinica in età evolutiva: efficacia, sicurezza e implicazioni di trattamento nelle successive età della vita”. Il convegno ha preso il via oggi a Cagliari.
Stando ai dati, raccolti su oltre 8.700 studenti fra gli 11 e i 17 anni – si legge in un comunicato –, quasi il 12% degli adolescenti, soprattutto maschi, è a rischio di dipendenza dai videogiochi e il 2,5% fa un uso compulsivo e incontrollato dei social, mentre l’1,8% si chiude per mesi in camera vivendo solo attraverso computer e smartphone”. “Oggi esistono sia attività di prevenzione, terapie cognitive e comportamentali, sia cure farmacologiche in grado di aiutare i giovani e giovanissimi pazienti”.
“I ragazzi oggi sono più spesso vittime di ansia e depressione, meno inseriti nel tessuto sociale e contemporaneamente esposti a stimoli tecnologici radicalmente diversi rispetto ai coetanei di appena vent’anni fa – aggiunge Claudio Mencacci, co-presidente Sinpf –. Pandemia, guerre, crisi ambientali ed economiche stanno amplificando un disagio che era già presente: la progressiva riduzione della socializzazione, la diminuzione delle relazioni affettive e di esperienze tipiche del percorso di crescita sono tutti fenomeni in continua crescita negli ultimi anni, così come la crescente pressione per la performance”.
“I ragazzi oggi sono impauriti, disorientati e trovano nel web, sui social, nei videogiochi – continua Matteo Balestrieri, co-presidente Sinfp – un mezzo per alleviare la sofferenza, la paura, l’incertezza, finendo per diventarne dipendenti: puntare sulla prevenzione, aumentando l’attenzione sulla salute mentale dei giovanissimi in famiglia e a scuola, è perciò fondamentale. Occorre osservarli, a casa e in classe, per cogliere i segnali del disagio, imparando a discriminare i segni che sono parte del fisiologico percorso dell’adolescenza dagli indicatori di un disturbo psicologico o una dipendenza comportamentale come quella da videogiochi, internet o social”.