Il presidente Luis Arce ha inviato una lettera al Vaticano, indirizzata a Papa Francesco, per “metterlo al corrente” dei casi di abusi sessuali commessi da membri della Chiesa cattolica, nell’ambito di quanto emerso nelle ultime settimane, soprattutto rispetto alla condotta del gesuita spagnolo Alfonso Pedrajas, deceduto da tempo. Molti in Bolivia, come è emerso in alcune dichiarazioni nel fine settimana, hanno denunciato il rischio che il Governo, nell’ambito dei suoi rapporti con la Chiesa boliviana, possa in qualche modo “strumentalizzare” la questione. Nella lettera il presidente Arce promette severità verso casi di abuso e copertura, annunciando che sarà impedito l’accesso nel Paese a sacerdoti stranieri con precedenti di abuso. “Sono costernato e indignato per i fatti che sono recentemente venuti alla luce nel nostro Stato plurinazionale”, inizia la lettera di tre pagine. “Come capirà, fratello Francesco – continua Arce -, questa situazione ha provocato profondo dolore, ripudio e frustrazione tra la popolazione boliviana, sentimenti che condivido come Presidente del mio Paese. Non si tratta di errori o di deviazioni di condotta; sono crimini che danneggiano i bambini per tutta la vita e danneggiano anche la Chiesa. Proprio per questo motivo, dobbiamo passare da questi pronunciamenti ad azioni concrete, affinché ci sia giustizia e questi gravissimi crimini non vengano commessi di nuovo, usando la fede e la Chiesa per cercare l’impunità”. Prosegue il presidente: “Lo Stato boliviano si riserva il diritto di ammettere l’ingresso nel territorio nazionale di nuovi sacerdoti e religiosi stranieri che abbiano una storia di abusi sessuali nei confronti di minori, fino a quando non saranno rivisti gli accordi e le convenzioni in vigore e non sarà conclusa la negoziazione dell’Accordo tra lo Stato Plurinazionale della Bolivia e la Santa Sede, che dovrebbe includere anche misure per evitare il ripetersi degli eventi che motivano questa nota”.