Reddito di cittadinanza: Caritas Italiana, “le politiche che lo sostituiscono non configurabili come contrasto alla povertà”

Foto Calvarese/SIR

Una riflessione attenta sulle politiche contro la povertà adottate e sulla gestione del fenomeno migratorio, caldeggiando “un intervento strutturale”. La chiede la presidenza di Caritas italiana, all’indomani dell’approvazione del “decreto lavoro”.
Di fronte alla previsione governativa che va nella direzione auspicata di sostituire il Reddito di cittadinanza con due misure distinte – l’Assegno per l’inclusione (Adi) e lo Strumento di attivazione (Sda) –, Caritas si augura che “la proposta possa essere suscettibile di ulteriori revisioni che tengano conto dell’esperienza delle tante realtà che si occupano da anni di povertà a stretto contatto con le persone in difficoltà”. Nel ribadire che qualsiasi misura di contrasto deve assicurare a chiunque cada in povertà il diritto a una vita dignitosa fino a quando persiste la condizione di bisogno, occorre rilevare che “l’Adi copre solo alcune categorie specifiche di persone in povertà” e “lo Sda utilizza il requisito anagrafico che non sempre rappresenta un criterio di maggiore probabilità di trovare un lavoro”. “Ancora troppo debole e discrezionale risulta poi il riferimento alla sussidiarietà locale, se si considera che l’inclusione delle persone è un processo radicato nei territori che deve essere integrato per riuscire a garantire risposte adeguate. Perché siano efficaci, le politiche di contrasto alla povertà richiedono interventi volti a ridurre la precarietà e il fenomeno del cosiddetto ‘lavoro povero’. Il decreto invece prevede strategie di detassazione che, seppur lodevoli, non sono configurabili come una politica dei redditi o di contrasto alla povertà. Senza dimenticare che il decreto prefigura un aumento della durata e dell’applicabilità dei contratti a tempo determinato, nonché l’ampliamento dell’utilizzo dei voucher”.
Riguardo al fenomeno migratorio, la presidenza di Caritas Italiana chiede che “si esca definitivamente da una logica di emergenza per ragionare in termini strutturali” e si incentivino a livello europeo “vie legali”. “Mentre aumenta il numero degli arrivi, è decisivo privilegiare un sistema diffuso di accoglienza che consideri prioritarie le strutture più piccole, per garantire standard qualitativamente elevati e un’efficace integrazione delle persone nel tessuto sociale”. “Grande preoccupazione continua a suscitare infine la questione dei minori non accompagnati: è necessario individuare strumenti chiari che favoriscano il ricongiungimento familiare, attraverso percorsi tutelati e regolamentati per non alimentare reti illegali dedite allo sfruttamento e al traffico degli esseri umani”.

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