Lavoro: Vescovi Sardegna, “avviare un modello di sviluppo che non lasci spazio ai ricatti”

Un cambio di passo nell’elaborazione di un grande progetto per lo sviluppo della Sardegna: è la richiesta della Pastorale del Lavoro, osservatorio della Chiesa e dei vescovi isolani sul mondo socio-economico e ambientale sardo. Per Gilberto Marras, direttore dell’ufficio della Conferenza episcopale, occorre “un piano che risponda all’esigenza della transizione da avviare urgentemente verso un modello di sviluppo che non lasci spazio ai ricatti come quelli messi in campo da ultimo dalla Glencord SpA verso la Sardegna con le vicende della Portovesme Srl di San Gavino e Portovesme”. “Le vertenze aperte sui processi di deindustrializzazione e sulle conseguenti crisi del lavoro, le tante fragilità, spesso silenziose, delle piccole imprese sarde richiamano – dichiara il direttore – istituzioni, associazioni imprenditoriali, sindacati e la stessa Chiesa a una forte azione di solidarietà concreta per le comunità interessate da uno drammatico impoverimento occupativo, tecnologico, economico e anche demografico”. Questo progetto, per Marras, deve essere fondato sulle competenze. “Nel medio e lungo termine bisogna puntare sui giovani con la scuola pubblica e privata, ma già da subito si deve dar vita alla riconversione delle competenze dei lavoratori col finanziamento massiccio di percorsi di formazione professionale. È fondamentale un progetto che punti sulla sostenibilità ambientale con l’avvio immediato, concreto delle bonifiche che devono pagare la finanza pubblica e le industrie scappate dalla Sardegna o in procinto di farlo. Un progetto basato – aggiunge Marras  anche direttore regionale Confcooperative Sardegna- sulla fiducia tra burocrazia e impresa, per valorizzare l’intraprendenza privata con una forte semplificazione e assoluta trasparenza dei procedimenti amministrativi e una rigida severità nel punire chi tradisse questa fiducia”. La Chiesa sarda, con la pastorale sociale e del lavoro impegnata in prima linea in tal senso in tutti i territori, è convinta che “restituendo al lavoro il suo senso più profondo, ossia la cooperazione dell’uomo all’opera della creazione e del bene comune, il 1° maggio 2023 potrà essere di inizio del cambiamento e di inversione del processo di impoverimento delle comunità sarde”.

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