“Negli ultimi 30 anni c’è stato un tendenziale impoverimento o, comunque, un deprezzamento del lavoro che ha bloccato il Paese socialmente, demograficamente, economicamente. Il problema non è solo la povertà del lavoro ma la vulnerabilità dei redditi da lavoro” e “la debolezza con cui complessivamente il sistema Paese risponde al dettato costituzionale per cui le retribuzioni devono garantire un’esistenza libera e dignitosa”. Lo ha affermato oggi pomeriggio Stefano Tassinari, vicepresidente nazionale delle Acli con delega al Lavoro e al Terzo settore, presentando il report “Lavorare pari: dati e proposte sul lavoro tra impoverimento e dignità”, un lavoro realizzato dall’Area Lavoro Acli in collaborazione con l’Iref e il Caf Acli a partire da oltre 760mila dichiarazioni dei redditi del 2021, esclusi i pensionati.
Snocciolando i dati, Tassinari ha definito l’economia italiana in alcuni casi “trasandata”, che ha una vista molto corta” e che “strizza l’occhio al sommerso”.
Dalla ricerca emerge che il 14,9% delle persone, pur lavorando, ha un reddito inferiore o pari a 9mila euro. Se si considerano anche i redditi complessivi inferiori o uguali a 11mila euro, ovvero quelli dei lavoratori poveri (working poor), si arriva ad una percentuale di lavoratrici e lavoratori pari al 19,5%; mentre si raggiunge il 29,4% tra quanti hanno un reddito complessivo che non va oltre i 15mila euro e che possiamo definire “vulnerabili”, ovvero a rischio di povertà di fronte ad un evento inaspettato o fuori dall’ordinario (una malattia, un divorzio o perfino la nascita di un figlio). “A scontare una peggiore condizione reddituale – viene rilevato – sono i residenti nelle Regioni del Sud e le donne”. Nel dettaglio, queste ultime sono il 21,7% delle persone che possono contare su 9mila euro annui (gli uomini il 7,1%). Le lavoratrici che hanno redditi inferiori o uguali a 11mila euro sono il 27,9% (gli uomini il 9,8%) e sono il 40,9% delle persone povere o comunque vulnerabili.
Il 27,2% dei residenti al Sud o nelle Isole ha un reddito fino a 9.000 euro, il 33,5% arriva a 11.000 euro e, infine, il 44,4% può contare fino a 15.000 euro. Se si considera la fascia tra i 40 e i 54 anni, cioè uomini e donne nel pieno della loro vita attiva, coloro che non superano i 9.000 euro di reddito sono il 10 per cento in più della media nazionale (19,8% rispetto al 9,8%). Tuttavia è alto il dato dei vulnerabili anche nel nord, che resta sopra un quarto del totale.