Messa in Coena Domini: card. Semeraro, “annuncia e anticipa il mistero pasquale”. Lavanda dei piedi “esempio di umiltà, prova e memoria dell’amore di Gesù”

In questa messa “tutto il mistero pasquale, che si dispiegherà nei sacri riti di questi giorni, è in qualche modo annunciato e anticipato. Viviamola, dunque, con quell’intimità, con quel raccoglimento e con quel silenzio che la Liturgia stessa ci suggerisce”. E’ l’invito rivolto dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le cause dei santi, nell’omelia della Messa in Coena Domini che ricorda “l’istituzione della santa Eucaristia e dell’ordine sacerdotale, come pure il mandato del Signore riguardante la carità fraterna”, celebrata questa sera a Roma nella diaconia di Santa Maria in Domnica.
Soffermandosi sull’episodio evangelico della lavanda dei piedi, il presule ha spiegato che è anzitutto “esempio di umiltà. Dopo il gesto di Gesù, abbiamo, paradossalmente, l’occasione per cedere all’antica tentazione: quella di essere come Dio” ma per essere davvero “imitatori di Dio” non dobbiamo “essere superuomini. Dobbiamo abbandonarci all’amore, abbassarci nell’amore”. Con il suo gesto, Gesù intende inoltre “convincerci del suo amore per noi”. Infine “per donarcene un sacramento: l’attenzione, a questo punto – fa notare il porporato -, si sposta sull’Eucaristia”, memoria “della sua passione” e “davvero memoria del suo amore per noi: un amore appassionato sino alla morte di croce”.
Semeraro si è quindi soffermato sul silenzio: “Oggi, infatti, come pure domani nella celebrazione della Passione del Signore, il sacro rito si chiuderà, diversamente da tutte le altre volte, nel silenzio. Sarà, questa sera, il silenzio nella ‘Reposizione del Santissimo Sacramento’; domani, la meditazione sulla morte del Signore”. In effetti, ha concluso citando Max Picard, “la sfera della fede e la sfera del silenzio sono connesse. Il silenzio è la base naturale sulla quale si realizza il soprannaturale della fede… ora, nella preghiera, la parola della preghiera serve al silenzio che è nell’uomo: la parola porta il silenzio umano sino al silenzio divino”.

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