“È vero, il periodo che attraversiamo è un tempo di crisi, ma non sottovalutiamo che tutte le crisi, anche quelle della Chiesa, sono una opportunità per un nuovo inizio, per cui occorre lasciarsi interrogare e ripartire, accogliendo le sfide del tempo presente. Una certezza consolante ci deve accompagnare costantemente e rassicurare. Cristo risorto è vivo e operante tra noi. Egli ama la sua Chiesa e la tiene saldamente nelle sue mani. Con la forza della sua perenne vitalità, lo Spirito Santo ci sta preparando ‘non una nuova Chiesa, ma una Chiesa nuova’ (Y. Congar)”. Lo ha affermato questa mattina il card. Oscar Cantoni, vescovo di Como, nell’omelia pronunciata durante la Messa crismale.
Il presule ha sottolineato che “constatiamo di non essere più in un regime di cristianità. La fede, in gran parte dell’Occidente, non costituisce più, come un tempo, un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene negata ed emarginata, quando non ridicolizzata”. “Una grande crisi di fede ha toccato molte persone, causata forse anche dalla nostra ridotta capacità propositiva, spesso incapace di adattarsi al linguaggio comune della gente, di rispondere alle profonde esigenze del momento presente e alle loro domande”, ha proseguito il porporato, aggiungendo che “come cristiani, siamo diventati una minoranza, anche nei nostri territori”. “È scattata, in qualche zelante profeta di sventura, la tentazione di tornare indietro e di rifarsi a vecchi schemi, di ripiegarsi sul passato, dimenticando le lezioni della storia e i segni dei tempi, senza domandarsi che cosa lo Spirito stia dicendo oggi di nuovo alla Chiesa”, ha osservato il card. Cantoni, ricordando che “Papa Francesco ci ha ripetuto più volte che una Chiesa sinodale è ciò che Dio chiede oggi alla Chiesa, con tutte le implicazioni che ne derivano: un incoraggiamento a camminare, a crescere e a maturare insieme. Siamo stati inoltre invitati a puntare decisamente sulla missionarietà e sulla ministerialità”. Per il porporato “abbiamo bisogno, come sempre è capitato nei tempi di crisi, lungo la storia della Chiesa, di impegnarci per operare una vera riforma, che non proponga soluzioni al ribasso, prive di passione e di libertà pastorale, che non si conformi acriticamente allo spirito del mondo, ma neanche che ignori i segni dei tempi”. “Il rinnovamento reale della Chiesa – ha ammonito – non può venire, però, da progetti stabiliti a tavolino, ma presuppone potenti impulsi spirituali, che scaturiscono innanzitutto da una profonda conversione personale e comunitaria, dono dello Spirito, ma anche frutto della nostra libera adesione e audacia, supportata non da un entusiasmo passeggero, ma da un vero dono e frutto dello Spirito Santo, a lungo invocato”. “Non siamo giunti alla fine del cristianesimo – la convinzione del cardinale –, questo però è un tempo per una profonda trasformazione, una nuova fase della sua storia, una occasione che includa anche la dimensione sociale e politica dei cristiani (nel senso più pieno del termine), insieme a una marcata dimensione ecumenica e interreligiosa”.