“Come è possibile che un uomo crocifisso venga adorato quale Salvatore e Signore?”. Questa la domanda dell’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, nell’omelia della messa che ha celebrato ieri, nella Domenica delle Palme, invitando a “staccare gli occhi dalla croce e portarli sul crocifisso”.
“Il patibolo – ha commentato il presule – diventa luogo di vita e non di morte, in quanto su di esso scorre il sangue di un uomo che ha scelto, nella libertà, di non interrompere il flusso dell’amore. Ora lo sappiamo: Dio – ha ribadito mons. Tisi – è amore, solo amore, nient’altro che amore”. “Da quel giorno – ha argomentato ancora – la vicenda umana ha continuato a conoscere pagine tragiche, dove il male, nella sua sconcertante banalità, come ci ricorda Hannah Arendt, ha mostrato accenti di inaudita ferocia. Al contempo, però, da quel giorno, la storia umana può annoverare uomini e donne che hanno scelto di seguire l’Uomo della Croce, versando per amore il loro sangue. E, incredibilmente, hanno fatto fiorire la vita”. Come i martiri della Chiesa trentina. Di qui la conclusione: “Sta a noi generare morte o immettere vita”.