“È importante far conoscere l’autismo, spiegare che cosa significa essere una persona con autismo o avere in famiglia una persona con questo disturbo sul quale grava ancora un diffuso stigma sociale. La non conoscenza può fare paura e condurre a false idee e a preconcetti che ostacolano l’inclusione di questi pazienti e delle loro famiglie”. Lo dice in un’intervista al Sir Federica Costantini, educatore professionale e psicomotricista funzionale, coordinatrice del Centro socioriabilitativo educativo ambulatoriale e diurno Il Girasole di Orvieto, di cui è rappresentante presso il Tavolo sull’autismo della Cei.
In occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo (2 aprile), l’esperta spiega: “Anche se il funzionamento di una persona con disturbo dello spettro autistico è ‘atipico’ rispetto a quello di una persona ‘tipica’, siamo tutti parte della stessa comunità”. Importante la diagnosi precoce tra i 2 e i 3 anni perché “consente di intervenire subito sul bambino ma anche sul sostegno alla famiglia. Un piccolo al quale il disturbo viene diagnosticato precocemente può apprendere da zero delle competenze senza dover fare il doppio passaggio di chi invece arriva alla diagnosi intorno ai 5/6 anni, quando ha già strutturato un comportamento e un modo di affrontare la vita spesso non adeguato. I bimbi con questo disturbo hanno una particolare modalità di apprendimento, ma spesso acquisiscono un comportamento non consono ai diversi contesti di vita perché non imparano tramite imitazione o tramite canali di apprendimento tradizionali. Pertanto è importante fare attenzione a segni premonitori che possono apparire fin dai primi mesi di vita”.
“La triangolazione dello sguardo, la risposta ai richiami della mamma, la reazione al sorriso – spiega Costantini – sono meno numerosi e di minore intensità rispetto ad un bimbo ‘tipico’. E poi, più avanti, i comportamenti ripetitivi, l’incapacità di stabilire un contatto oculare, problemi di comunicazione e sviluppo del linguaggio. Arrivare ad una diagnosi e ad una presa in carico precoce evita loro la doppia fatica di apprendere da soli, decostruire quanto imparato e ricostruire”.