“Il Venerdì Santo deve essere un momento in cui tutti i cristiani del mondo si sentono motivati alla solidarietà. Ciò che ci viene donato attraverso la Colletta di Terra Santa lo utilizziamo per il mantenimento dei Luoghi Santi, per permettere ai Cristiani locali e ai pellegrini di tutto il mondo di far l’esperienza del quinto Vangelo, per sostenere le attività pastorali e le opere sociali (come le scuole, come le case per anziani) e per fare fronte a emergenze come il terremoto dello scorso 6 febbraio in Siria, la guerra, i rifugiati e i migranti che pure fanno parte di quello che anche è il nostro impegno quotidiano e annuale”.
È questo l’appello del Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, lanciato, tramite il Christian Media Center, in vista del prossimo Venerdì santo, 7 aprile, giorno tradizionalmente dedicato alla raccolta di offerte da destinare alla Terra Santa. Proprio oggi, 24 marzo, è stata diffusa dal Dicastero per le Chiese orientali, la Lettera per la Colletta per la Terra Santa, firmata dal prefetto, mons. Claudio Gugerotti. Un appello ancor più significativo perché arriva al termine della sua recente visita in Siria, dove si è recato per portare solidarietà e vicinanza alle comunità cristiane, e non, colpite dal terremoto del 6 febbraio scorso. Damasco, Aleppo e Latakia sono state le tappe principali del viaggio, durato oltre una settimana, durante il quale padre Patton ha voluto elogiare anche i frati che si prendono cura quotidianamente delle persone terremotate e che dal 2011 soffrono per la guerra.
Tra generosità e sanzioni. “Ho visto le generosità straordinaria dei miei frati che hanno aperto le strutture possibili per accogliere la gente terremotata – racconta al Sir il Custode -. C’è stato un momento in cui nel Terra Sancta college, poco fuori Aleppo, c’erano circa 6mila persone alle quali bisognava dare un materasso e un piatto da mangiare, senza fare nessuna distinzione tra cristiani e musulmani. La mensa della parrocchia latina forniva fino 4mila pasti al giorno invece che i soliti 1500. Questo è stato possibile grazie anche alla solidarietà che arrivava da altri siriani e anche in parte dalle Istituzioni che hanno fornito cibo e gas”. Gesti che hanno un enorme valore perché, ricorda padre Patton, “la Siria è un Paese sotto embargo internazionale. Si dice che le sanzioni siano state allentate ma non ho visto particolari effetti in questo senso. Ciò che serve adesso è trasferire soldi senza che il capitale trasferito si riduca a causa della svalutazione”. Per il Custode “l’Europa dovrebbe parlare a una sola voce e fare gli interessi della popolazione siriana strozzata dalle sanzioni. Ho sempre insistito su questo punto e continuerò a farlo ogni volta che incontrerò rappresentanti diplomatici” afferma. Guerra, pandemia e terremoto hanno creato una “tempesta perfetta” che rischia di dare il colpo di grazia al Paese dove mancano energia elettrica, acqua potabile, dove cibo e carburante sono razionati, dove uno stipendio medio mensile si aggira sui 28 dollari. “Come si può vivere in questo modo?” è la domanda del Custode. Pur tra tante difficoltà, aggiunge il frate, “ho visto, anche nella Città Vecchia e in Aleppo Est, piccole botteghe che cercano di ripartire, come i ramaioli, i venditori di spezie”.
“La gente siriana è operosa, vuole ricominciare a lavorare e a ricostruire e per questo chiede di essere messa in condizione di farlo senza ostacoli”.
La conta dei danni. La visita in Siria è stata l’occasione anche per fare una conta dei danni post terremoto: “le zone maggiormente devastate sono state quelle di Aleppo Est e della Città Vecchia, che già avevano patito la guerra e i bombardamenti. Ad Aleppo Ovest hanno ceduto solo le case costruite male e quelle abusive”. Per quel che riguarda le strutture della Custodia i danni riguardano “il campanile della chiesa a Latakia, così anche ad Aleppo. È andata peggio ai villaggi della Valle dell’Oronte, Knayeh e Yacoubieh. Qui il terremoto ha fatto crollare le case, ha lesionato in maniera molto pesante la chiesa e il convento. Danni gravi anche a chiesa e convento di Knayeh. I villaggi sono un cumulo di macerie, la gente sta dormendo in tenda”.
Sfidare la paura. La sensazione del Custode, dopo aver incontrato tanti terremotati, è quella di “una paura diffusa. Oggi, paradossalmente, la sfida più grande non è avere un tetto sopra la testa, ma vincere la paura.
La gente ha bisogno di consolazione e di speranza.
Al di là dell’aiuto materiale, i nostri frati si sono prodigati molto nel consolare i terremotati, tranquillizzarli, infondere loro un po’ di speranza. È stata una visita che è servita anche a mitigare quel senso di abbandono che accompagna le comunità cristiane in Siria, ma non solo. Portare aiuto e vicinanza spirituale serve a non far sentire soli i cristiani locali”.
“La Chiesa universale – ribadisce con forza Patton – ha un debito verso la Chiesa di Siria, la prima grande Chiesa missionaria da dove sono partiti Paolo e Barnaba”.
La Chiesa siriana si fa presente anche per i non cristiani. “Lo testimoniano – spiega il frate – le tante opere di istruzione e di alfabetizzazione per moltissime donne musulmane. Sono persone contente e grate perché grazie a questi progetti stanno riassaporando la libertà – dopo essere state sotto il controllo dell’Isis, private di tutto – e il gusto di saper leggere e scrivere e di seguire i loro figli che fanno altrettanto”.
Pensare la ricostruzione. Per padre Patton, passata l’emergenza, bisogna pensare a ricostruire e restaurare le case e aiutare le persone a continuare a vivere e lavorare nella propria città. “È all’opera, grazie a Pro Terra Sancta, un team di ingegneri venuti dall’Italia per monitorare la staticità delle abitazioni e stilare un cronoprogramma in accordo con le autorità locali. Con loro – conclude il Custode – ci sono anche ingegneri e tecnici siriani che non hanno esperienza di terremoti ma che stanno imparando per il futuro”.