“Il Signore viene a noi quando prendiamo le distanze dal nostro io presuntuoso. Io sono presuntuoso? Io mi credo migliore degli altri? Io guardo qualcuno così, un po’ con disprezzo? ‘Ti ringrazio, Signore, perché mi hai salvato: io vado in chiesa, vado a messa, io sono sposato nella chiesa, questi sono divorziati peccatori’… Se Pensi così vai all’inferno. Se penso così sono il primo dei peccatori”. È il monito del Papa, nell’omelia della liturgia penitenziale presieduta nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie, che ha inaugurato l’iniziativa “24 ore per il Signore”, promossa dal Dicastero per l’evangelizzazione. “Grazie a te, Signore, io sono vivo, io non mi sono distrutto con il peccato”, la preghiera che per il Papa deve recitare il cristiano. “Dio può accorciare le distanze con noi quando con onestà, senza infingimenti, gli portiamo la nostra fragilità”, ha spiegato Francesco: “Ci tende la mano per rialzarci quando sappiamo toccare il fondo e ci rimettiamo a lui nella sincerità del cuore. Così è Dio: ci aspetta in fondo, perché in Gesù Lui ha voluto andare in fondo, perché non ha paura di scendere fin dentro gli abissi che ci abitano, di toccare le ferite della nostra carne, di accogliere la nostra povertà, di accogliere i fallimenti della vita, gli errori che per debolezza o negligenza commettiamo, e tutti abbiamo fatto. Dio ci aspetta lì, nel fondo, ci aspetta specialmente quando con tanta umiltà andiamo a chiedere perdono nel sacramento della Confessione”. “Facciamo oggi un esame di coscienza, perché il fariseo e il pubblicano abitano entrambi dentro di noi”, la proposta del Papa: “Non nascondiamoci dietro l’ipocrisia delle apparenze, ma affidiamo con fiducia alla misericordia del Signore le nostre opacità, i nostri errori, le nostre miserie, anche le miserie che per vergogna non siamo capaci di condividere. Quando ci confessiamo, ci mettiamo in fondo, come il pubblicano, per riconoscere anche noi la distanza che ci separa tra ciò che Dio ha sognato per la nostra vita e ciò che realmente siamo ogni giorno. Dei poveracci”.