A ormai un mese e mezzo dal terremoto del 6 febbraio che ha devastato Turchia e Siria e in prossimità del 12° anniversario della guerra in Siria, la situazione rimane critica. Ad Aleppo, spiegano dall’ong Pro Terra Sancta, sono ancora centinaia gli edifici ad alto rischio di collasso, soprattutto perché continuano a manifestarsi scosse minori di assestamento che rendono la condizione delle abitazioni ancora più precaria. “Da un primo sopralluogo e dai dati rilevati dalle autorità locali la stima è di 400 edifici crollati e di almeno 5.300 edifici da verificare, che dovranno essere o demoliti o ristrutturati in maniera importante”, dichiara Diego de Gregori, uno degli ingegneri italiani inviati da Pro Terra Sancta ad Aleppo. “Molti edifici – continua de Gregori – erano danneggiati dalla guerra e riparati in malo modo, ma abbiamo anche rilevato palazzi costruiti in origine senza le adeguate misure antisismiche”. Secondo un altro degli ingegneri inviati da Pro Terra Sancta, Bruno Donno, “per la ricostruzione potrebbero volerci decenni. Con l’impegno di tutti – aiuti internazionali, popolazione ed enti locali – i tempi potrebbero ridursi, ma al momento vediamo molti ostacoli”. Purtroppo, le sanzioni che limitano l’arrivo di materiali e la mancanza di maestranze specializzate rendono impossibile l’avvio e la realizzazione dei lavori in tempi brevi. Nel frattempo, sale il rischio di epidemie portate dai roditori che sono attratti dai cadaveri abbandonati sotto le macerie. Si rischia una vera e propria invasione incontrollata dato che le tubature e alcuni palazzi sono già invasi. Le farmacie, inoltre, stanno finendo le medicine e l’emergenza sanitaria sta diventando un pericolo concreto. Pro Terra Sancta continua l’accoglienza di circa 4.000 persone e la distribuzione di circa 6.000 pasti al giorno. Pochi sono tornati nelle proprie case poiché regnano paura e confusione alimentate da fake news. Qualche giorno fa per esempio si è diffuso l’avviso di una scossa di magnitudo 10 che ha fatto tornare le persone nelle strade. Gli aiuti sono pochi, e ostacolati sia ad Aleppo che a Latakia e la distribuzione non è ben strutturata, con il rischio di spreco di risorse. Mancano le medicine e poche le risorse per garantire adeguata assistenza sanitaria in alcune zone come Stamo ad esempio o Jableh, nei pressi di Latakia.