“Giuseppe e Marco hanno vissuto il rischio, sì, ma non quello di chi sfida la morte perché disprezza la vita! È piuttosto il rischio previsto in una professione che, se portata avanti fino alla fine, espone al rischio stesso della propria vita per il bene della vita altrui. Due vite accomunate da una passione infinita per il volo e da una grande competenza nello svolgimento dei propri compiti”. Lo ha ricordato oggi pomeriggio mons. Santo Marcianò, ordinario militare per l’Italia, nell’omelia pronunciata durante i funerali dei due ufficiali dell’Aeronautica – il tenente colonnello Giuseppe Cipriano e il maggiore Marco Maneghello – morti martedì a seguito di una collisione in volo dei velivoli di cui erano al comando. La celebrazione si tiene presso la parrocchia della Beata Maria Vergine di Loreto in Guidonia.
Il vescovo ha parlato di “dolore profondo” che “rimbomba dentro, come l’esplosione che ha spento in pochi attimi la vita dei due piloti, in un tremendo incidente di volo”. “Una morte improvvisa e tragica, come quella che ha colpito e accomunato Giuseppe e Marco, è una morte che lascia sgomenti ma ci fa anche fermare per chiederci il senso”, ha proseguito mons. Marcianò sottolineando che “troppo presto è arrivata per loro la morte”, eppure “ci sembra che fossero pronti”. Il vescovo ha ripercorso le “Due esistenze intense, seppur brevi”. E ha osservato: “I nostri due amici ci hanno insegnato – e lo insegnano soprattutto ai più giovani – che è pronto a morire chi vive la vita, non chi si lascia vivere. È pronto a morire chi ama la propria vita, per questo protegge e difende la vita altrui; chi ama la vita e non chi la disprezza o procura la morte, dei fratelli o la propria. È pronto chi fa di tutto perché la vita umana sia rispettata nella sua grande dignità e bellezza, consapevole di come la vita sia bella e vada gustata in profondità, non sprecata in preoccupazioni insensate ma neppure semplicemente consumata con la pigrizia, il piacere o lo sballo; è pronto dunque chi gusta la vita lasciando spazio ai sogni, vivendo ogni istante come se fosse l’unico, trattando ogni persona come se fosse l’unica”. “E voi – ha aggiunto – amici, colleghi, familiari di Marco e Giuseppe potete testimoniare di esservi sentiti trattati e amati così, come persone uniche, tanto da trovare in loro un saldo punto di riferimento”.