Il Consiglio dei ministri ha approvato un nuovo decreto-legge in materia di immigrazione. La riunione del governo si è svolta a Cutro, in Calabria, nell’evidente tentativo di rimediare alla mancata presenza di membri dell’esecutivo nei giorni successivi alla tragedia (si ricorderà, invece, la visita tempestiva ed estremamente significativa del presidente Mattarella). A Bruxelles, alla contemporanea riunione dei ministri europei degli interni proprio sul dossier immigrazione, l’Italia è stata quindi rappresentata dal sottosegretario del dicastero.
Vediamo quindi i passaggi principali del decreto, così come sono stati presentati nel comunicato di Palazzo Chigi, in attesa di conoscere il testo effettivo che sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Viene introdotto il nuovo reato di “morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina”, con pene che vanno da 10 a 20 anni per lesioni gravi o gravissime a una o più persone; da 15 a 24 anni per morte di una persona; da 20 a 30 anni per la morte di più persone.
Il decreto abolisce la necessità di convalida del giudice di pace per l’esecuzione dei decreti di espulsione in seguito a condanna.
Per quanto riguarda gli ingressi, le quote di stranieri da ammettere in Italia per lavoro subordinato saranno definite, non più solo per un anno ma per un triennio (2023-2025), con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. In via preferenziale – spiega sempre la nota di Palazzo Chigi – le quote saranno assegnate ai lavoratori di Stati che promuovo per i propri cittadini campagne mediatiche sui rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari. Sono previsti ingressi fuori quota per stranieri che hanno superato, nel Paese di origine, i corsi di formazione riconosciuti dall’Italia, che saranno promossi dal Ministero del lavoro. Viene inoltre semplificato l’avvio del rapporto di lavoro degli stranieri con aziende italiane e si accelera la procedura di rilascio del nulla osta al lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale. I rinnovi del permesso di soggiorno rilasciato per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo o per ricongiungimento familiare avranno durata massima di tre anni, anziché due come oggi.
Il decreto contiene norme per il commissariamento della gestione dei centri governativi per l’accoglienza o il trattenimento degli stranieri in caso di gravi inadempimenti. Nel comunicato di parla di individuazione, acquisizione o ampliamento dei Centri di permanenza per i rimpatri (i controversi Cpr saranno quindi potenziati), con facoltà di derogare al codice dei contratti pubblici, consentendo una maggiore speditezza nello svolgimento delle procedure, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.
Sui permessi di protezione speciale, che si sono rivelati uno strumento molto importante per tutelare chi non ha avuto ancora il riconoscimento dello status di rifugiato, si prefigura una stretta ma bisognerà attendere il testo in Gazzetta per capire esattamente in che termini. Il comunicato di Palazzo Chigi si limita ad affermare che “si definisce meglio la protezione speciale per evitare interpretazioni che portano a un suo allargamento improprio”.