Siria: associazione Still I Rise, “una bomba politica e umanitaria pronta a scoppiare di nuovo”

North West Syria (Credits Still I Rise)

Sono passati 12 anni dallo scoppio della guerra civile in Siria. Mentre l’intensità delle ostilità si è attenuata, la situazione umanitaria ha raggiunto il punto di massima gravità: lo testimonia l’associazione Still I Rise, attiva nel Nord Ovest della Siria dal 2020, nel report “La terra trema sotto le bombe”, che sarà pubblicato il prossimo 15 marzo, anniversario dell’inizio della guerra civile.  Il conflitto, che solo nei primi dieci anni ha prodotto almeno 300 mila vittime civili dirette, è infatti ancora lontano da una risoluzione pacifica. “I tanti interessi coinvolti, dalla Russia alla Turchia, rendono più difficile assicurare alla giustizia i responsabili dei crimini di guerra, e tengono la popolazione in un limbo perenne, mentre le condizioni umanitarie si aggravano – spiega l’associazione -. La situazione è particolarmente drammatica nel Nord Ovest del Paese, area rimasta fuori dal controllo di Bashar al-Assad. A causa dei trasferimenti forzati, dei bombardamenti e degli assedi da parte del regime, più di due terzi degli attuali 4,5 milioni di abitanti del Nord Ovest sono sfollati interni da altre aree del Paese. Nel sottodistretto di Dana, dove si concentra il 70% degli sfollati, la popolazione è composta per l’80% da donne e bambini che vivono in condizioni di estrema necessità”.
La crisi sanitaria legata al Covid-19, l’epidemia di colera in corso dall’autunno 2022 e le scosse di terremoto del 6 febbraio hanno contribuito al deterioramento ulteriore delle condizioni di vita. “La vulnerabilità della popolazione è legata a doppio filo al complesso scenario di attori coinvolti e dei loro interessi nella regione. Tanto dal punto di vista politico quanto da quello umanitario, la Siria nord-occidentale è una bolla in procinto di scoppiare ancora una volta”, riassume Giulia Cicoli, direttrice Advocacy di Still I Rise. L’associazione rileva il tracollo del sistema scolastico  (dei quasi 2 milioni di minori in età scolare presenti nell’area, quasi la metà è fuori dal sistema scolastico), situazione peggiorata dal recente terremoto: “L’abbandono prematuro dell’istruzione espone i minori a rischi e abusi, dallo sfruttamento ai matrimoni combinati e alle gravidanze precoci”.

North West Syria_credits Still I Rise

Ma’an, la scuola di emergenza e riabilitazione di Still I Rise a Dana, ha ripreso regolarmente le attività pochi giorni dopo il sisma per ripristinare una parvenza di normalità, ma le tante vite spezzate e i danni alle infrastrutture rischiano di rendere ancora di più l’educazione un privilegio di pochi invece che un diritto di tutti. “Non piangete per chi non c’è più, abbandonato dalla comunità internazionale, ma date ai tanti bambini rimasti una chance di andare a scuola, vivere una vita normale e scoprire il significato del futuro,” è l’appello che Abdulkafi Alhamdo, Program Manager di Still I Rise nel Nord Ovest della Siria, ha lanciato dalle macerie.

E’ emergenza anche nel campo sanitario, con ospedali e presidi sanitari del Nord Ovest che sono stati obiettivo di frequenti attacchi militari da parte del regime. L’isolamento internazionale ha fatto il resto, provocando una carenza cronica di strutture, personale e attrezzature. “In tutta l’area del Nord Ovest della Siria non sono disponibili procedure diagnostiche e terapeutiche per pazienti oncologici, cateterismo cardiaco, e alcune operazioni chirurgiche. Inoltre, è impossibile prendersi cura dei feriti gravi del terremoto del mese scorso senza le adeguate attrezzature mediche”, racconta Othman Alhassan, medico a Dana. L’emergenza legata al sisma ha portato al rapido esaurimento delle scorte di materiali medici monouso, ma gli aiuti internazionali hanno tardato ad arrivare. “Normalizzare le relazioni con il regime equivale a un condono implicito dei suoi crimini di guerra, oltre a torture e sparizioni. Milioni di siriani soffrono da ben 12 anni. Non si può considerare l’imposizione della pace senza giustizia per tutte le vittime”, conclude Giulia Cicoli.

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