“La guerra imperialista di Putin contro l’Ucraina ha radicalmente cambiato lo scenario internazionale e aperto a una transizione incerta. Tutto dipende dall’esito del conflitto”. Lo scrive Gianfranco Brunelli, direttore de “Il Regno”, nel primo contributo del dossier Europa e Ucraina. Un anno di guerra” pubblicato su “Il Regno-Attualità” di febbraio. L’approfondimento del mese è scritto a più mani: Brunelli si sofferma sul tema della centralità dell’Europa in questo conflitto; seguono le considerazioni di Lorenzo Nannetti sulle forze militari in campo; infine la riflessione del docente emerito di Studi ecumenici all’Università di Münster, Thomas Bremer, che si focalizza sulla necessità di rivedere i rapporti ecumenici con l’ortodossia russa (considerando che nel Consiglio ecumenico delle Chiese, dove essa era un protagonista sin dalla fondazione, da sempre aveva prevalso una visione antiamericana delle relazioni internazionali).
“Che questa sia una guerra di dimensioni mondiali, ancorché combattuta in un solo paese, è fuori di dubbio”, osserva Brunelli, secondo cui “basta fare l’elenco delle dittature che sostengono apertamente Putin da una parte e delle democrazie che sostengono Zelensky dall’altra. Bielorussia, Corea del Nord (leggi Cina), Iran sono con Putin e forniscono armi alla Russia; tutto il fronte delle democrazie occidentali arma la difesa dell’Ucraina, la sua libertà e la sua autodeterminazione”.
“È fuori di dubbio il fatto che nel mondo ci siano numerosi altri conflitti locali”, rileva il direttore, sottolineando che “essi hanno natura e dimensioni politico-simboliche diverse, da zona a zona. Il dolore per le sofferenze, le morti, le povertà e le distruzioni è lo stesso, non cambia. E questo è ugualmente insopportabile”. “Ma le conseguenze geopolitiche, con il loro carico di conseguenze generali, sono diverse”, aggiunge Brunelli: “Alcune rispondono a logiche colonialiste e post-colonialiste; altre a questioni religiose o pseudo-religiose; altre a dinamiche regionali di lungo periodo”.
“Quella in Ucraina è di per sé una guerra mondiale, la terza dopo il 1914, ed è una guerra che Putin ha dichiarato all’Occidente, segnatamente all’Europa. Della cinquantina di paesi che sostengono l’Ucraina la maggioranza sono europei”, prosegue Brunelli, convinto che “in un senso o nell’altro le conseguenze di questa guerra hanno un esito globale. La questione è quale modello sociale e politico, quale modello di valori esce vincitore dall’esito di questa guerra”. In un caso “la vittoria di Putin de-globalizza, come la guerra ha già cominciato a fare, l’economia globale”; “mentre nel caso di una vittoria delle democrazie rimane aperta la necessità di correggere la globalizzazione attraverso un riordino del modello liberale multilaterale”. Brunelli si sofferma poi su un secondo aspetto: “Se il centro del contendere è l’Europa, allora è l’Europa che deve svolgere un coraggioso protagonismo verso una pace giusta. L’Europa è l’unica che può garantire la pace futura in un nuovo disegno internazionale, rafforzando sé stessa”. Per il direttore, “il ritorno alla logica delle grandi potenze non conviene a nessuno. Neppure alla Russia, che finirebbe come paese satellite della Cina. Non conviene al mondo. Non conviene alla pace”.