Sono 222, ma avrebbero dovuto essere 224, i detenuti politici che a sorpresa sono stati “liberati” (o, per meglio dire, “espulsi” forzatamente dal Nicaragua) dal regime di Daniel Ortega. Due, infatti, sono coloro che si sono rifiutati di andare in esilio, negli Stati Uniti, e uno di questi è il nome che più di tutti fa rumore: il vescovo di Matagalpa e amministratore diocesano di Estelí Rolando Álvarez, che con ogni probabilità il prossimo 15 febbraio sarà condannato attraverso un “processo farsa”, per i presunti reati di “cospirazione e diffusione di notizie false”, come già accaduto per altri nove ecclesiastici.
Ortega aveva concesso al vescovo di scegliere “tra il carcere e l’esilio”: il rifiuto del vescovo di lasciare il proprio Paese e di salire sull’aereo che portava i detenuti a Washington ha avuto un’immediata conseguenza: da qualche ora, secondo quanto ha riferito lo stesso Ortega, mons. Álvarez ha lasciato gli arresti domiciliari e si trova nel carcere di La Modelo, nella periferia di Managua. Il presidente ha ritenuto il rifiuto del vescovo “un affronto” e un “atto di superbia da parte di chi si considera il capo della Chiesa nicaraguense, il leader della Chiesa latinoamericana. È stato trattato in modo incredibile, come nessun altro detenuto in questo Paese. Sono stato in prigione per sette anni e non ho mai conosciuto nella storia un prigioniero trattato in questo modo come quest’uomo”.
“Lasciateli liberi, pagherò io per la loro condanna”, avrebbe detto il vescovo. La settimana prossima sarà quella del verdetto, che appare scontato. La giudice Nadia Camila Tardencilla Rodríguez ha anticipato al 15 febbraio il processo contro mons. Álvarez, inizialmente previsto per il 28 marzo.
L’uscita dal carcere dei 222 detenuti politici è stata annunciata in modo solenne dal presidente Ortega, il quale ha riferito che la moglie e vicepresidente, Rosario Murillo, ha contattato l’ambasciata statunitense offrendo questa possibilità. “Non credevo che la risposta sarebbe stata positiva”, ha aggiunto Ortega, che ha assicurato: “Non stiamo chiedendo (agli Stati Uniti, ndr) di revocare le sanzioni nei nostri confronti. Non chiediamo nulla in cambio. È una questione di onore, dignità e patriottismo, che si portino via i loro mercenari”. Importanti i nomi dei detenuti che si trovano ora negli Usa. Tra questi, gli ex candidati alla presidenza Félix Maradiaga, Suyén Barahona e Cristiana Chamorro, il fratello di quest’ultima Pedro Joaquín Chamorro, il direttore del quotidiano libero “La Prensa” Juan Lorenzo Holmann, Dora María Téllez e Victor Hugo Tinoco (ex guerriglieri sandinisti, considerati eroi della rivoluzione), il leader studentesco Lesther Alemán.