“Pregare, operare e camminare”: sono i tre verbi intorno ai quali il Papa ha incentrato il discorso pronunciato al termine della preghiera ecumenica al Mausoleo “John Garang”, ultimo momento pubblico della seconda giornata del viaggio apostolico in Sud Sudan, compiuto con l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e il moderatore della Chiesa di Scozia. “Il grande impegno delle comunità cristiane nella promozione umana, nella solidarietà e nella pace sarebbe vano senza la preghiera”, il monito del Papa: “non possiamo promuovere la pace senza aver prima invocato Gesù, Principe della pace”. “Pregare dà la forza di andare avanti, di superare i timori, di intravedere, anche nelle oscurità, la salvezza che Dio prepara”, ha assicurato Francesco, prendendo come esempio ancora una volta, come nell’incontro con clero di stamattina, la figura di Mosé. “Nelle nostre diverse Confessioni sentiamoci uniti tra noi, come un’unica famiglia; e sentiamoci incaricati di pregare per tutti”, l’esortazione del Papa: “Nelle nostre parrocchie, chiese, assemblee di culto e di lode preghiamo assidui e concordi perché il Sud Sudan, come il popolo di Dio nella Scrittura, ‘raggiunga la terra promessa’: disponga serenamente ed equamente della terra fertile e ricca che possiede e sia colmato di quella pace promessa ma purtroppo ancora non giunta”.